
06/10/10
Liberal
Non si capisce bene quale malandrino istinto di autodistruzione solleciti recentemente le mosse di Silvio Berlusconi, ma di certo l'uomo non è lucido. Prima la sottovalutazione del peso dei finiani, poi la "pazza estate" dell'espulsione del presidente della Camera, dei fantomatici probiviri e della corsa al voto sempre rinviata, poi la salita al Quirinale annunciata in grande stile ma mai fatta; ora un presente da statista in Parlamento e da agitprop del culto di se stesso in piazza e al telefono.
Il fatto è, anche se il Cavaliere lo capisce a giorni alterni, che la sua strada è assai stretta: avendo voluto certificare con tanto di voto di fiducia - che non ha la maggioranza alla Camera senza Fini, ora può chiudere un accordo vero con Futuro e Libertà o puntare fortissimo sul voto sperando che gli italiani gli consegnino la maggioranza anche in Senato, cosa parecchio difficile per via del sistema dei premi di maggioranza regionali.
«Sempre che», dicono a palazzo Grazioli. Sempre che non si incarni il peggior incubo del premier: un governo tecnico che cambi la legge elettorale e lo metta a bollire nel ruolo dell'anziano rancoroso per sei o nove mesi. «Al Senato non esiste maggioranza diversa», spiegano i berluscones. In realtà la cosa non è tanto certa già così, ma il presidente del Consiglio continua a dire e fare ogni cosa in suo potere per peggiorare la situazione. Da ultimo è arrivato l'annuncio, domenica alla festa milanese del Pdl, che alle prossime politiche il Popolo delle Libertà attuerà «il più grande ricambio generazionale della storia». Parlando con alcuni giovani davanti a casa sua - e ad una telecamera - qualche giorno fa la metteva giù ancor più dura: «Alle prossime elezioni candidiamo metà donne e metà giovani, di vecchio in questo partito basto io». La cosa ha fatto preoccupare un bel po' di maturi parlamentari del predellino: ma come? E il nostro carico d'esperienza? Si son chiesti i malcapitati: non bastavano le decine di poltrone da cedere alla Lega (ve ne parliamo qui accanto), adesso ci si mette pure il limite d'età. Roba da ridere, eppure la lista di chi voterebbe un governo tecnico "non con una ma con due mani" (come ama ripetere un deputato attualmente nel Pdl) va allungandosi sempre di più, anche grazie agli astratti furori anagrafici del Capo.
Ieri il salernitano Mario Pepe, sanguigno endocrinologo salernitano nato nel '51, da tre legislature deputato di Forza Italia, ha scandito ai microfoni di Radio Radicale: «Questo Parlamento è pronto a seguire Berlusconi sulla strada delle riforme, non su quella del precipizio». Non fosse chiaro: "Io credo che un governo che nascesse per cambiare la legge elettorale possa trovare i numeri". Secondo conti non esagerati, sommando vittime della Lega e del repulisti generazionale, a Montecitorio ballano una sessantina di voti oggi berlusconiani e oltre venti in Senato. Anche nel ridotto alpino repubblicano di palazzo Madama, infatti, la situazione è più fluida di quanto amino pensare i seguaci del premier. Che la fiducia non sia altissima lo possono testimoniare altrettanto bene il trattamento riservato a Beppe Pisanu e le parole affidate ieri all'Ansa da Piergiorgio Massidda, nientemeno Pri, che uno dei fondatori di Forza Italia.
Il presidente la sua dell'Antimafia è soggetto sostenere da qualche tempo ad attacchi di ogni genere - da ultimo sulla sua relazione sulle stragi del 1992-93 scopo) avendo già chiarito al premier che lui e i suoi si batteranno per il prosieguo della legislatura. Di più: il nome di Pisanu è uno dei più ricorrenti (e sensati) tra quelli avanzati per la guida di un eventuale governo di Scopo. L'ex ministro dell'Interno, insomma, è in odore di tradimento della patria di Arcore. Massidda, invece, ex Pri, eletto alle Camere nella circoscrizione Sardegna fin dal 1994, ieri ha messo a verbale il suo sostegno ad un eventuale governo di transizione: «Io parlo per me, uso la mia testa. E posso dire che non mi sento come Ben Hur di incamminarmi verso il rogo elettorale sciogliendo inni di ringraziamento». E con lui, sostiene il nostro, ci sono «almeno altri 12 senatori». E il Cavaliere che fa? «Colleziono una storiella e una donna al giorno», ha chiarito il giorno del suo compleanno.
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