
Ci eravamo illusi che qualcosa, almeno qualcosa fosse cambiato. Non che ci fossimo creati chissà quali aspettative, intendiamoci: sappiamo con chi abbiamo a che fare. Ma dentro di noi, lo ammettiamo, avevamo coltivato una speranziella: che dopo la fine dell'era berlusconiana - quella del "chi non è con me è contro di me" - si potesse assistere a un dibattito televisivo nel quale ogni politico intervenisse (e ascoltasse) lasciandoci capire almeno la differenza tra la sua tesi e quella dell'avversario. E invece, purtroppo, non è così. Appena qualcuno osa pronunciare il nome "Berlusconi", c'è subito un Alfano, un Romani o un Quagliariello che lo interrompe o gli parla addosso, impedendogli di continuare. Obbediscono al secondo comandamento di Arcore: "Non nominare il nome di Silvio invano".
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