
Raccontano che Eduardo De Filippo ogni tanto accompagnava in tribunale l'avvocato Porzio, un principe del foro dell'epoca, e seguendo le cause traeva ispirazione per le sue opere teatrali. Un processo può ben essere un dramma o una commedia, talvolta perfino una farsa. A quest'ultimo genere sembra somigliare il processo romano al cosiddetto "Madoff dei P arioli", Gianfranco Lande accusato di aver fatto sparire 300 milioni affidatigli da risparmiatori dell'elegante quartiere romano.
Ieri i giornali raccontavano dell'ultima udienza che ha visto protagoniste due singolari "parti lese". Un prete, che affidava a Lande i soldi guadagnati per avviare le pratiche di santificazione. Deve rendere bene, perché il prete ha investito settecentomila euro. Che non ha più visto. «Mi garantiva interessi fino al 20 per cento» lamenta, senza essere sfiorato dal pensiero che di fronte a tassi del genere non si chiama la propria banca ma i carabinieri. Ancora meglio la seconda "vittima" l'attore David Riondino, fustigatore dei berlusconiani su RAI 3 ma fruitore dello scudo tremontiano per i capitali all'estero. Un mostro di doppiezza? Forse solo un tipo un po' confuso. Ha raccontato che Lande gli pareva serio e rassicurante: «Parlava dei rapporti fra la crisi economica e gli astri. E prometteva il 17 per cento». De Filippo sarebbe stato felice, una farsa formidabile. Resta un problema: si può parlare davvero di "vittime"? Forse sì, ma viene voglia di fare il tifo per "il Madoff dei Parioli".
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