
Così non è per fare i pierini, né gli scetticoni a oltranza, ma nel pomeriggio di Sabato, come altamente prevedibile, per bocca dell'onorevole coordinatore Verdini è sbocciato il solito milione. E a quel punto chiunque avesse a cuore qualche residua tensione verso la realtà è stato colto da momentaneo scoramento.
Uno stato d'animo, del resto, che una volta divampata la più ovvia e consueta guerra tra i parlamentari Gasparri & Cicchitto e gli organi di Ps che hanno ridotto di nove decimi quella rotonda cifra, può riscattarsi nel ricordo di un'amena filastrocca composta e illustrata da Sergio Tofano a gloria del suo signor Bonaventura, deliziosa figurina in giubba rossa e pantaloni bianchi che concludeva le sue avventure inalberando un cartello con su scritto "Un milione": "Ma mica milioni reali/ origine di tanti mali,/ ma milioni per finta,! milioni di cartadipinta, / innocui milioni/ creatori di illusioni".
Come pure, riguardo all'illusorio milione diVerdini, ci si potrebbe sollazzare con il racconto della "Gara Mondiale di Matematica" di Zavattini, altro grande artista del surreale, vinta da quel concorrente che completò l'estenuatissimo calcolo di chi lo precedeva con un folgorante: "Più uno".
Non se ne abbia a maleVerdini: lo fanno tutti, la fuga verso lo smisurato e lo sterminato è vizio comune e bipartisan. Magari la prossima volta il coordinatore del Pdl potrebbe assicurarsi che il suo sovrano non chieda, e proprio ai giornalisti, appena sceso dal palco a conclusione del comizio: "Ma quanti erano veramente?" là dove l'avverbio "veramente" non solo prendevale distanze, ma rendeva platealmente fasullo l'evocato milione.
Inutile perdere tempo sul perché e sul percome quella cifra costituisca una sfida temeraria a una legge della fisica, addirittura, un'aperta violazione all'impenetrabilità dei corpi. Esistono parametri e misuratori assai più veridici dalle inquadrature oceaniche; senza contare il fatto che per alcuni decenni, come sostiene lo storico Mario Isnenghi in "Piazze d'Italia" (Mondadori, 1989), centomila persone furono per i più grandi partiti la quota ideale per una mobilitazione di massa.
Fenomeno più interessante è la seriale e ormai scontata spudoratezza con cui nel tempo della post-politica chi vuol essere milionario ci riesce accontentandosi di figurare sistematicamente come un bugiardo. E a questo proposito, anche a costo di guastare le più rispettabili e felici memorie, si ricorderanno come numeri da collocare senz'altro nella categoria del mito, della fantasia, del sogno e dell'irrealtà: i tre milioni di padani che secondo Bossi si sarebbero dislocati lungo il Po nel 1996; i tre milioni contabilizzati dalla Cgil nell'area del Circo Massimo contro la riforma dell'articolo 18 nel 2002; quindi i due milioni che Berlusconi calcolò a spanne in piazza San Giovanni nel dicembre del 2006; e infine il milione e 500mila cattolici che sempre in quel luogo si sarebbero radunati l'anno seguente per il Family day.
Questi i casi più eclatanti di manipolazioni a caldo, cioè messe in atto per essere annunciate direttamente dal palco, senza alcun timore che il giorno dopo, fra il dato reale indicato dalla Questura e quello immaginario sia compresa di solito una tale massa di persone da poterci riempire una città popolosa o altre sei o sette gigantesche piazze. Ma in pratica non c'è manifestazione che riesca a sottrarsi al trionfalismo algebrico dei suoi organizzatori; del tutto ignari, si direbbe, di generare un processo che ricorda quello alla base delle epidemie e ancor più dell'inflazione.
Così anche stavolta il milione di Verdini verrà preso per quello che è: un'elementare aspirazione verso il "di più", una specie di primitiva audience, una metafora approssimativamente aggressiva, un'occasione per rilevare il consueto coefficiente discostamento dalla realtà.
Sulla "voluttà del numero che si accresce" ha scritto alcune pagine preoccupanti Elias Canetti in "Massa e potere" (Adelphi, 1981), a partire dai discorsi politici di Hitler. Pare qui spropositato richiamarle a proposito dell'ennesimo taroccamento smilionario con sussidio multimediale. Ma certo non è un buon segno questa generale esagerazione contabile non solo e non tanto fantasticata, ma anche e pregiudizialmente svergognata. E ancora una volta l'unica consolazione è che ci crede solo chi vuole crederci
© 2010 La Repubblica. Tutti i diritti riservati