
L `idea Emma Bonino ce la racconta mentre è ancora in progress. Uno sciopero mai visto.
Data e modalità ancora da fissare. Ma un giorno attorno all`8 marzo non sarebbe male. Titolo: ventiquattro ore senza di noi. Dove «noi» sta per donne. Quelle che accudiscono i figli, gli anziani, i disabili se in casa ce ne sono. «Se ci fermassimo tutte per una intera giornata sarebbe un bel disastro, non pensate?», sorride la candidata, all`idea di giocare con un certo estro la sua campagna elettorale per le regionali nel Lazio,facendola camminare, per la parte che vorranno, sulle gambe delle donne. Niente nostalgie femministe. Che non siamo negli anni Settanta, è chiaro. «Questo è un tempo di semina e non so quando scoppierà l`ora del raccolto ma so che quando, dopo gli anni `70, abbiamo detto "fermiamoci un attimo" è successo di tutto». Vedi la legge 40: «E meno male che la Corte Costituzionale, pezzo a pezzo, sta facendo cadere le parti più aberranti». Oppure le veline:
«Nulla contro di loro, ma contro lo stereotipo sì». Fare argine, dunque. Si comincia domenica, con una chiamata a raccolta delle «Donne per Emma». Appuntamento tradizionale, se non fosse che il 14 febbraio è anche San Valentino. E per le ospiti, che verranno un po` da tutti gli ambienti, anche
cattolici. E poi giovani imprenditrici, ricercatrici, sportive, attrici. Ma non è che l`inizio. Obiettivo: far emergere il potenziale femminile, «tesoro nascosto» del Lazio e non solo. La Regione
che Emma da donna, radicale, europeista, si candida a governare è in questo un paradigma del paese. Italia: 96mo posto al mondo per la partecipazione delle donne al mondo economico,
88mo al mondo del lavoro, 91mo al reddito da lavoro. Lazio: un po` sotto la media. Il dato cruciale è uno. Nel Lazio le donne laureate o dottorate sono 379mila, gli uomini 338mila. Ma se si va a vedere quante sono inattive la proporzione si inverte: 70mila contro 38mila uomini inattivi.
Eccolo, lo spreco. Su tre milioni di inattivi, due sono donne, laureate e non. L`occupazione femminile è ferma al 46,6% (quella italiana è di poco superiore: 48%), quando l`obiettivo
fissato a Lisbona è del 63%. La domanda è: non lavorano, non fanno nemmeno figli, che fanno? «Le funambole», risponde Emma: «Si fanno carico del welfare che non c`è, dei servizi di assistenza ai bambini che non ci sono, della popolazione che sta invecchiando, dei disabili e delle altre
fragilità». E da qui che Emma Bonino suggerisce di partire. Perché se è chiaro che, nella sfida tutta al femminile che si gioca nel Lazio, le donne saranno tema cruciale, le risposte che Emma
Bonino e la sua avversaria Renata Polverini si preparano a declinare non potrebbero essere più diverse. «La destra e la Polverini dicono: aiutiamo le donne a stare più in casa e occuparsi di più dei figli», spiega Emma criticando la via del «quoziente familiare».
«La mia risposta è l`inverso: che lo Stato inizi a fare la sua parte, garantendo i servizi di assistenza,», dice Emma, che da liberista non disdegna l`idea di sperimentare soluzioni nuove, compresa quella dei «voucher spendibili per coprire almeno parte delle spese per le badanti».
ASILI NIDO E ANZIANI
Problema numero uno: i nidi. Nel Lazio il 34% delle domande non vengono soddisfatte, l`accesso al nido è garantito solo all`11% dei bambini da 0 a 3 anni. Risposta: incrementare gli asili nido, ma sperimentare anche altre forme, come il tagesmutter, l`asilo di caseggiato. E introdurre dei meccanismi premiali per cui si fa un monitoraggio e le esperienze che funzionano vengono premiate. Secondo: gli anziani. Gli over 65 nel Lazio sono 1 milione, uno su dieci ha più di 85 anni.
Affollano i pronto soccorso, gli ospedali, le strutture di riabilitazione, anche se a volte è solo di assistenza che hanno bisogno. «La spesa oggi è tutta concentrata sulla sanità, ma di contro
sulle strutture ospedaliere si scaricano anche i costi delle politiche sociali». Risposta: potenziare i servizi pubblici socio-assistenziali, ma anche pensare a fondi ad hoc per servizi di semplice assistenza. Infine: creare un osservatorio. «Altrove ha obbligato a cambiare rotta e quello che non va nel nostro paese non è un destino scritto.»
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