
24/11/10
L'Opinione delle Libertà
In Italia poco meno di 200 mila persone l’anno entrano ed escono di galera come si fa con le "sliding doors" di un hotel, sia pure di infima categoria. Entrano per la convalida del fermo, periodi da due giorni a una settimana, e poi il gip li rimette in libertà. Di solito per possesso di quantità non enormi di droga, furti, scippi, piccole truffe e così via. Il povero Stefano Cucchi era uno di loro, tanto per fare un esempio. Eppure con questo andazzo contribuiscono per un buon 15% all’intasamento delle carceri. Costano quasi 300 milioni di euro l’anno solo per dar loro da mangiare e allestire le celle e il personale delle traduzioni e soprattutto potrebbero tranquillamente essere trattenuti nelle questure, nei commissariati o nelle stazioni i carabinieri o della Guardia di Finanza per quei giorni strettamente necessari fino all’udienza di convalida del Gip.
Dallo scorso 29 ottobre anche la Cassazione, con la sentenza 38179 del 2010, ha solennemente ribadito che la persona fermata in flagranza di reato" non deve essere condotta direttamente in carcere in quanto questo comporterebbe un inaccettabile aggravio dello stato di restrizione della libertà personale per l’arrestato", impropriamente costretto a fare ingresso nel circuito penitenziario in attesa della decisione del tribunale. Più precisamente compulsando il massimario on line si può leggere il seguente dispositivo: "Arresto in flagranza - Convalida dell’arresto - Presentazione diretta - Conduzione dell’arrestato in carcere per mere esigenze organizzative.In caso di arresto in flagranza, nelle ipotesi in cui debba procedersi alla convalida nelle forme indicate dall’art. 558 del codice di procedura penale, con la conduzione diretta davanti al giudice dell’arrestato, nel frattempo custodito presso la polizia giudiziaria, gli eventuali problemi organizzativi della polizia giudiziaria, specialmente ove strutturali, non possono essere sistematicamente risolti con l’aggravio dello stato di restrizione della libertà personale, attraverso incongrui "passaggi in carcere" dell’arrestato. Sezione VI, sentenza 14-27 ottobre 2010 n. 38179..
“Della cosa si è accorta la solerte deputata dei Radicali italiani Rita Bernardini, che ha anche investito il ministro Guardasigilli Angelino Alfano del problema.
Di fatto capita spesso che le forze dell’ordine, nelle more del giudizio di convalida dell’arresto, cerchino di sopperire alla difficoltà di dotarsi di celle di sicurezza conducendo direttamente in carcere la persona arrestata. Tale modus operandi, giudicato non conforme con la disciplina di settore, oltre a confliggere con le esigenze di garanzia dell’arrestato, illegittimamente condotto in un ambiente carcerario anche quando dovrebbe essere applicata nei suoi confronti la meno invasiva custodia presso gli organi di polizia giudiziaria, "è il principale responsabile dell’attuale sovraffollamento carcerario e dei suoi ingenti costi umani ed economici". Basti pensare a tutte quelle persone, soprattutto extracomunitarie, che ogni anno fanno inutilmente ingresso negli istituti penitenziari per restarci solo qualche ora in attesa che il giudice di turno decida sulla convalida dell’arresto e sulla misura cautelare da applicare nei loro confronti. Per la Bernardini, "se il Governo intende veramente cominciare ad affrontare il grave problema del sovraffollamento carcerario, ponga rimedio ai gravi problemi organizzativi denunciati dalla polizia giudiziaria così da evitare nell’immediato futuro ulteriori incongrui ed automatici "passaggi in carcere” delle persone arrestate." E in effetti lo stesso ministro della Giustizia in una audizione in Commissione dell’ottobre 2008, aveva fornito numeri eloquenti che, è facile prevedere, oggi si siano ulteriormente aggravati. "L’entra ed esci", che quotidianamente interessa gli istituti penitenziari, come disse Alfano, si traduce in una movimentazione di circa 170.000 detenuti ogni anno, con un sovraccarico di lavoro anche per le traduzioni che, nel solo 2007, sono state oltre 300.000. Naturalmente i Radicali non perdono occasione per ricordare che anche per queste cause Marco Pannella è in sciopero della fame da quasi due mesi. E domandano all’esecutivo, con cui in questi giorni stanno "dialogando" in vista del voto di fiducia del 14 dicembre (non necessariamente negativo da parte dei sei parlamentari eletti nelle liste del Pd) che vengano studiate misure alternative all’ingresso al carcere per questi detenuti da "bed and breakfast". Inoltre chiedono che "ai parlamentari e ai consiglieri regionali di ogni partito" sia contemporaneamente garantita la possibilità di "svolgere il loro sindacato ispettivo non solo nelle carceri ma anche nelle cosiddette camere di sicurezza".
© 2010 L'Opinione delle Libertà. Tutti i diritti riservati