
07/01/11
L'Unità
Più che opportuno il richiamo di Andrea Boraschi a prestare attenzione a quello che accade nel carcere (l’Unità, 2 gennaio). Un appello che riguarda tutti noi, e in particolare chi ha scelto di informare, di dare notizie. Troppe volte, in nome di un malinteso dovere di inseguire l’audience, si privilegia il "divertente" in luogo del più "banale" interessante.
Per tornare alla questione carceri e più in generale giustizia, accadono cose letteralmente inaudite, nel senso che non vengono ascoltate perché non sono raccontate. Per esempio in questi primi giorni del 2011 c’è già un primo decesso: si chiamava Salvatore Morelli, 35 anni, trovato morto all’alba del primo giorno del 2011 nella sua cella, a Lecce. Vittima, probabilmente, di un infarto. Era affetto da patologie legate a problemi cardiocircolatori; e, proprio come nel caso di Fernando Paniccia raccontato da Boraschi, era obeso. Una situazione clinica che lo costringeva a recarsi quasi ogni giorno presso l’ospedale; in una parola: non avrebbe dovuto stare in carcere, ma ci stava, e ci è morto. La situazione del penitenziario di Lecce è ben descritta dai dati diffusi dalla Uil Penitenziari: capienza regolamentare: 680; detenuti presenti: 1449; ricorsi al Magistrato di Sorveglianza: 187; ricorsi alla Commissione contro la Tortura della Corte di Strasburgo: 47; tentati suicidi (con lettera d’addio): 41; invii con estrema urgenza al Pronto soccorso: 937; detenuti tossicodipendenti: 253; detenuti affetti da Epatite C: 361; visite mediche eseguite giornalmente: 80; detenuti affetti da patologie ansioso-depressive: 90; detenuti con patologie psicotiche: 40 per cento; detenuti che fanno uso di ansiolitici: 90 per cento.
Una situazione limite, che è anche il paradigma di quello che accade un po’ ovunque.
Il 29 dicembre per esempio, nel carcere di Frosinone è morto un detenuto di 53 anni. Si chiamava Claudio A., le cause del decesso sono ancora da accertare. E l’undicesimo decesso (quattro i suicidi) nelle carceri del Lazio nel 2010.
Dovremmo dedicare più spazio a queste "notizie"; e valorizzare iniziative come la recente di Marco Pannella, Rita Bernardini e altri dirigenti radicali che hanno trascorso il Capodanno nelle carceri di Padova e di Bologna. Non per dire quanto sono bravi, ma per far capire che si presta attenzione a queste iniziative, e chissà, forse, anche altri parlamentari di altri partiti, possono così essere indotti a imitarli. Quanto al ministro della Giustizia Alfano, sembra non esserci; se c’è, sembra dormire. Se non dorme, resta a guardare... C’è chi lo indica come il possibile successore di Berlusconi. Con la sua politica del "non fare" ha delle ottime possibilità.
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