
09/12/10
Italia Oggi
E se avesse ragione Silvio Berlusconi? Se davvero il Cav ottenesse la fiducia? L’interrogativo circolava pure ieri: chiuse le Camere, è proseguita incessante l’attività dei «contattatori», ossia i designati, nei due schieramenti, a tenere i rapporti con i parlamentari incerti, schierati ma infidi, recuperabili, imprevedibilmente pronti a clamorosi cambi di campo.
Il ragionamento si basa su alcuni elementi cardine della vita politica berlusconiana. Pochi avrebbero scommesso su di lui, nell’autunno del ‘93: eppure in poche settimane mise in piedi un partito che ottenne la maggioranza relativa, con alleanze diversificate e perfino contrapposte. Lo diedero subito per finito: dopo pochi mesi arrivò, alle europee, al 30%. Nel 2006 i primi a giurare sulla sconfitta del centro-destra al potere erano i suoi alleati: Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini. Berlusconi s’impegnò allo spasimo, ebbe una trovata geniale (la promessa sull’Ici) e sfiorò un successo ch’era follia sperar. Chi avrebbe mai creduto al predellino? Eppure il Cav creò un nuovo partito, estendendo Fi. Tutti ritennero un azzardo escludere l’Udc, nel 2008: Berlusconi tenne duro e vinse. Controprova: alle regionali pugliesi voleva candidare Adriana Poli Bortone; i suoi dissero no, e la conseguenza fu la bruciante vittoria di Nichi Vendola.
Ecco: si sparge la sensazione che il Cav possa veramente farcela. I mezzi sono quelli che si leggono ovunque: assenze per malattia, passaggi in extremis, insofferenze tra i finiani moderati. I dubbi si sono man mano estesi dai cani sciolti del gruppo misto, ai radicali, dai dipietristi insoddisfatti a democratici pronti a saltare il fosso. Berlusconi ha del miracoloso: sta convincendo politici e politologi che potrebbe davvero spuntare la fiducia. Sia chiaro: il giorno dopo, potrebbe andare subito in minoranza. Ma le trattative le condurrebbe da una posizione di (relativa) forza.
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