
10/11/09
Il Riformista
L e cose nel Pdl sono a un punto di rottura. Fini non vuole «mettere la faccia», e meno che mai la firma, sull`ennesimo «scudo penale» per il premier, una leggina ad hoc che accorciando la prescrizione chiuda il processo Mills prima che ricominci. Il presidente della Camera condividerebbe una norma generale, che intervenga sulla durata irragionevole del processo, materia sulla quale del resto l`Italia si fa costantemente condannare dalla Corte europea. Ma Fini non ritiene che l`essere "cofondatore" del Pdl lo debba per forza rendere anche "corresponsabile" di un intervento legislativo ad berlusconem. Dall`altro lato Berlusconi pensa proprio il contrario. Se Fini vuol stare nel Pdl, deve salvare il premier, perché quella è la ragione sociale del Pdl. Altrimenti lo espelle, dice e fa dire in giro. E con lui tutti i parlamentari che opponessero il gran rifiuto. Sapremo forse oggi come finirà questo braccio di ferro, dopo l`incontro al vertice tra i due. Ma è chiaro che alla fine, con o senza il consenso di Fini, Berlusconi la sua norma la porterà alle Camere e l`approverà, perché nel parlamento dei giorni nostri sono davvero pochi quelli che possono permettersi il lusso di votare contro il capo. Ma allora perché Berlusconi ritiene così necessaria la complicità di Fini? E perché molti osservatori vicini a Berlusconi chiedono a gran voce a Fini di prendersi la responsabilità politica di salvare il premier? La ragione di tutto questo pressing sta nel fatto che la norma che Berlusconi sta per presentare è impresentabile, e lui lo sa. Per questo ha bisogno di copertura. Dal 2001 Berlusconi enuncia la necessità di riforme radicali della giustizia e annuncia come imminenti tali riforme. Su questa linea - inutile negarlo - ha trovato anche consenso presso gli italiani, i quali hanno capito che la giustizia non funziona, e che talvolta funziona troppo bene solo per il Cavaliere. Ma il punto è che dal 2001 ad oggi non ha mai avuto il coraggio di fare le riforme che annunciava. Norme di immunità, come quelle evocate ieri da un editoriale del direttore del Tg1, che non avrebbero potuto che essere leggi di rango costituzionale. Se avesse cominciato otto anni fa, non saremmo al punto in cui siamo, perennemente alle prese con l`ultimo processo e con l`ultima leggina ad personam. Gianfranco Fini, è bene ricordarlo, non si è mai sottratto in tutti questi anni all`un-due-tre-stella che il premier ha giocato con la magistratura. Ha votato leggi e leggine a iosa. Ma oggi avrà il diritto di considerare fallimentare questo giochetto, e penalizzante per lo stesso premier? Se richiesti di dire perché non hanno mai provato la strada maestra delle riforme costituzionali, gli esponenti del centrodestra rispondono di solito che è perché temevano poi di perdere il referendum confermativo. Ma come? Non dicono tutti i sondaggi, non ripete sempre Berlusconi, che il popolo è con lui, che lo sostiene nel braccio di ferro con la magistratura? Non è forse in nome della sovranità del popolo contro l`ingerenza della magistratura, che Berlusconi chiederà ora l`ennesima leggina? Ma allora, che ragione c`era di temere quel referendum? Berlusconi avrebbe dovuto usare la politica, in tutti questi anni, per affrontare il problema della giustizia. Non l`ha fatto, e ora non può pretendere la complicità di Fini. Al massimo, può avere il suo silenzio.
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