
Il lettore è già informato. Ma la notizia che un politico si dimette è talmente rara da meritare una sottolineatura: il ministro Scajola, anche da noi sollecitato a chiarire in modo esaustivo le sue grane giudiziarie o a farsi da parte, ha optato per la seconda soluzione. E davanti a simile gesto, ripetiamo non frequente, ci togliamo il cappello e ci asteniamo dal ribadire le accuse che gli sono state rivolte. Tra l’altro sono state scritte e riscritte. L’unica cosa da ricordare è che il ministro comunque non risulta ancora indagato e ciò accresce il valore del suo gesto. Vorremmo che tutti, in una situazione analoga, si comportassero come lui rinunciando a un ruolo istituzionale ambito.
Rimane l’amaro in bocca perché le dimissioni non hanno placato le polemiche sul governo che, in questo momento, avrebbe bisogno di lavorare in serenità per accelerare i tempi di realizzazione del programma.
È vero che - escludendo imprevisti - mancano ancora tre anni alla conclusione naturale della legislatura, cioè un lungo periodo che consente di completare gli impegni assunti da Berlusconi e dalla sua coalizione nella campagna elettorale del 2008; ma l’esperienza insegna che non è mai troppo presto per modernizzare il Paese e adeguarne le strutture allo scopo di rilanciarlo.
Sospendere le attività parlamentari a causa di turbolenze politiche sarebbe un guaio che i cittadini non si meritano. Però è proprio quanto intendono fare le opposizioni per motivi ovvi: non permettere al premier di ottenere un successo pieno e costringerlo quindi in difesa. Difatti ieri, subito dopo le dimissioni del ministro, il segretario del Pd, Bersani, anziché riconoscere la correttezza di Scajola e dell’intero esecutivo, si è lanciato in ipotesi strampalate: ha sentenziato che il governo si trova in una palude. Perché? Non si può forse sostituire in corsa un componente del gabinetto senza inceppare il meccanismo? Si vede che Bersani sa qualcosa che noi non sappiamo, ma sospettiamo possa esserci, ovvero l’imminente esplosione di un altro scandalo. La magistratura se c’è di mezzo un nome che garantisca il pronto intervento dei riflettori e di una telecamera è rapida e instancabile.
Un po’ meno se si tratta di condurre a termine il processo di un povero cristo. Vabbé. Cose risapute. Non
fanno più notizia e confermano una tendenza quasi ventennale. Nei prossimi giorni scopriremo cosa bolle
nelle pentole delle Procure. Per adesso prendiamo atto che Scajola è andato via e sarà presto rimpiazzato. Al di là della vicenda riguardante la famosa casa nei pressi del Colosseo, ancora tutta da chiarire e dalla quale auguriamo all’exministro di uscire indenne, se fossimo in Berlusconi non scaricheremmo Scajola completamente ma lo utilizzeremmo nel (e per il) partito allo scopo di riorganizzarlo specialmente in periferia. In questo genere di incarico, il dimissionato ci sa fare e avrebbe facoltà di agire con efficacia. Ma questi sono affari interni al Pdl e forse è meglio non mettiamo lingua. Abbiamo già abbastanza «nemici» e prima o poi qualcuno ci infilzerà. Non vorremmo aiutarlo.
P.S. Berlusconi commentando le dimissioni di Scajola ha detto che esse dimostrano come in Italia esista troppa libertà di stampa, tant’è che i giornali hanno silurato il ministro. Ha ragione lui nonostante gli attacchi feroci che si è tirato addosso con tale affermazione. La libertà di stampa in effetti abbonda. Mancano gli uomini liberi.
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