
Claudio Scajola non ce l’ha fatta a resistere e rimanere al suo posto, come gli aveva chiesto Silvio Berlusconi fino a lunedì sera.
Tornato dalla Tunisia l’altro ieri sera, ha riunito i suoi avvocati per fare il punto della situazione e si è reso conto delle difficoltà che incontravano gli stessi uomini della sua difesa, che le cose giravano al peggio. Ha pure saputo che alcuni giornali avrebbe pubblicato gli assegni consegnati alle sorelle Papa all’atto della vendita e una serie di testimonianze concordanti che confermano le accuse. E tra questi quotidiani a continuare il martellamento ci sarebbero stati anche Il Giornale e Libero, il «fuoco amico» vicino al centrodestra. Ieri mattina ha aperto i giornali e ha letto gli editoriali di Vittorio Feltri e di Maurizio Belpietro che gli chiedevano di dimettersi. A quel punto Scajola ha capito che non poteva più tornare indietro dalla decisione che aveva cominciato a maturare la sera prima con la moglie Maria Teresa e i figli Carlo e Lucia. Così ha chiesto al suo portavoce di convocare una conferenza stampa al ministero in via Veneto. «Mollo tutto, mi dimetto, non ce la faccio più, non posso andare avanti con questo massacro della mia persona, della mia reputazione e della mia famiglia. Adesso chiamo il presidente».
Una decisione presa con la famiglia, senza che il premier ne sapesse alcunché. Infatti Berlusconi è stato informato con una telefonata dallo stesso Scajola solo alle 10 di ieri mattina, un’ora e mezza prima che il ministro dello Sviluppo economico si presentasse ai giornalisti. A quell’ora il presidente del Consiglio era impegnato nella preparazione di una serie di appuntamenti importanti: la visita a Roma dell’Emiro del Kuwait, la presentazione del rapporto Ocse sull’emergenza terremoto in Abruzzo, l’incontro con gli eurodeputati guidati dai capigruppo Joseph Daul e Mario Mauro. Non aveva molto tempo da dedicare a un problema di tale portata e non si aspettava il colpo di scena di Scajola, che fino alla sera prima era riuscito a frenare. Anche ieri ha cercato di convincerlo ad annullare la conferenza stampa. «Calmati, vieni a trovarmi, ne parliamo, non fare mosse avventate», ha provato a tranquillizzarlo il Cavaliere che avvertiva lo stato d’animo di un uomo distrutto.
Niente da fare. Scajola ormai aveva imboccato la strada delle dimissioni. Esattamente come aveva fatto, sempre di testa sua, nel 2002 dopo l’infelice uscita su Marco Biagi ucciso dalle Br («un rompicoglione che voleva il rinnovo del contratto di consulenza»). Una scelta autonoma, quindi, perché si è convinto di non poter continuare a fare il ministro fino al 14 maggio, giorno in cui sarà ascoltato dai magistrati di Perugia,
mentre è in corso quella che lui definisce «una lapidazione mediatica». Berlusconi e Scajola chiudono la telefonata dandosi appuntamento nel pomeriggio a Palazzo Chigi. Qui, nello studio del premier, si assiste a «una scena di grande sconforto», per dirla con la diplomazia di uno dei presenti.
In sostanza, il ministro dimissionario scoppia in lacrime e non riesce più a parlare. Berlusconi prova a rincuorarlo, gli conferma la sua stima e fiducia («sei uno dei migliori ministri che io abbia mai avuto»), ma soprattutto gli promette di non abbandonarlo sotto tutti i punti di vista, anche da quello politico. Sembra infatti che il Cavaliere gli abbia garantito un suo rientro nell’impegno politico quando tutto sarà risolto e chiarito. L’ipotesi è di nominarlo coordinatore unico del Pdl al posto dell’attuale triunvirato. La stessa carica che Scajola aveva in Forza Italia nel 1998. Va letta in questa chiave la dichiarazione fatta ieri da Sandro Bondi. «Sono certo che Claudio Scajola dimostrerà la sua totale estraneità ai fatti che gli sono stati addebitati dalla stampa. Posso immaginare in questo momento quale sia la sua amarezza e la sua sofferenza, ma sono convinto che, dopo aver affermato la sua assoluta onestà, potrà tornare a rivestire quelle responsabilità politiche, nel nostro partito e nel Paese, che nel passato ha ricoperto con ineguagliabili risultati».
Ma il problema di Berlusconi da oggi non è solo Scajola e il suo destino politico. Il premier adesso è preoccupato di una nuova ondata giudiziaria che potrebbe coinvolgere e trascinare alle dimissioni altri esponenti del governo. Con le dimissioni del ministro per lo Sviluppo economico si apre un precedente che il Cavaliere voleva proprio evitare. Ecco perché ha fatto di tutto per tenere al suo posto Scajola, senza riuscirci.
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