
18/05/10
Corriere Adriatico (del 17 Maggio 2010)
Com’era immaginabile, alla “fine della fiera”, cioè del piano europeo per salvare la Grecia ed impedire il contagio della speculazione ad altri Paesi, si deve pagare il conto anche se il salvataggio non sembra avere sortito particolari effetti. E, infatti, sono cominciate le avvisaglie della imminente “tosatura” dei cittadini. Nel parlare della manovra di correzione dei conti pubblici del 2011 e 2012, il ministro Calderoli ha già preannunciato i famosi “sacrifici per tutti”. E’ da tempo che questa espressione gira sulla scena pubblica italiana e con la sua apparente democraticità sembra rinviare ad un mondo pieno di difficoltà ma solidale, in cui tutti i cittadini rinunciano a qualcosa per restituire smalto all’economia del paese. Lo slogan, in un Paese cinico come l’Italia, a dire il vero, non ha mai avuto fortuna, certo però, bisogna riconoscere che, per un politico, riproporlo oggi, al di là della sua fattibilità, richiede una buona dose di coraggio e sfrontatezza.
Per indorare la pillola, il ministro ha esordito, seguito a ruota dal Presidente del Senato, con la proposta del taglio del 5% degli stipendi dei ministri e dei parlamentari. Appena la palla passerà a Tremonti, con il suo stipendio ridotto del 5%, sentiremo l’annuncio del congelamento dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, il rinvio delle buonuscite degli statali ed altre misure volte a contenere le spese pubbliche. Non è facile imporre la riduzione del tenore di vita ad una parte considerevole degli italiani (va tenuto conto anche della ricaduta sull’intera economia del calo del potere d’acquisto dei pubblici dipendenti), in una fase storica in cui la parola corruzione è da molti mesi al centro della scena pubblica. Come il concetto di giustizia, anche quello di equità richiede una credibilità che non può venire da qualche esempio estemporaneo o da sparuti annunci di buona volontà, ma pretende un vero radicamento nei comportamenti collettivi.
La cosa non è affatto semplice. Il problema è quello dell’introduzione di un meccanismo virtuoso che riesca a dissuadere o quanto meno limitare il comportamento illecito e l’illegalità diffusa. Come si fa a impedire a chi ha una qualunque forma di potere di diventare un potente, cioè un centro di riferimento per una rete di scambi ed affari, quasi sempre “di favore”? Come abbiamo visto in questi giorni i detentori di potere politico hanno la capacità di dar vita, volontariamente o meno, ad una corte di intrallazzoni ed affaristi che ricevono spinta o acquisiscono crediti dalla frequentazione del potente. Un tempo, quando la politica era ancora un’arena di confronto e si basava su collegi da curare personalmente, i favori erano scambiati con i voti. Dall’800 sino a tangentopoli, gran parte (non tutta, però) della corruzione nasceva dall’esigenza di rafforzare la propria posizione politica, a partire dagli strumenti necessari per farlo (partiti, correnti, giornali ecc). Oggi la situazione è cambiata: la politica è un ambito che non necessita più di continua “manutenzione”, come dimostra il sistema elettorale in cui gli elettori hanno perso quel poco di potere di veto che detenevano con la scelta del candidato.
Ormai, non c’è più bisogno di passare dalla politica per occuparne i gangli vitali, in un contesto che vive soprattutto di spettacolarizzazione e personalismi. Per tale ragione, anche il tradizionale regime dello “scambio” ha finito per accentuare l’attenzione, in primo luogo, degli affari personali e di famiglia. In altre parole, il sopravvento dell’istinto al godimento e all’acquisizione in proprio di beni e servizi non è altro che un modo diverso, molto più greve e diretto, di utilizzare lo scambio più o meno corrotto, che, in forma e misure diverse, c’è sempre stato. Al momento, ottenere case, appalti, favori sessuali “sostituisce” la raccolta di voti e il sostegno alla macchina addetta a farlo. Chi decide l’allocazione delle risorse, grazie al potere politico o alla contiguità con esso, è un naturale punto di attrazione di un vero e proprio mercato materiale. Ieri l’escort o il favore al politico rappresentavano una forma di omaggio al potente, oggi ne definiscono direttamente il prezzo.
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