
Anche quest'anno è stato compiuto uno dei riti più consolidati della tradizione politico - parlamentare italiana.
Con un voto fulmineo, a ridosso della scadenza dei 60 giorni oltre la quale darebbe decaduto, il Senato ha approvato il decreto "milleproroghe". Si tratta del provvedimento clic tradizionalmente viene presentato alla fine di dicembre (ma a volte anche a giugno) con l'obiettivo di prolungare la
validità di una serie di norme, le più disparate, altrimenti destinate a scadere.
Naturalmente durante l'iter parlamentare sia l'esecutivo che la maggioranza riescono a volte a inserire ulteriori novità, che possono quindi contare su una corsia legislativa privilegiata. Stavolta il testo era stato modificato al Senato, e avrebbe dovuto essere approvato in via definitiva, senza correzioni, alla Camera. E' accaduto però che maggioranza e opposizione hanno trovato l'intesa su un emendamento relativo all'editoria, che ripristina il diritto soggettivo dei giornali di partito e di
quelli editi dalle cooperative ad avere i contributi pubblici (vengono però tagliati i contributi alle emittenti radiofoniche locali).
Questa modifica ha fatto sì che il testo dovesse tornare per un'ulteriore lettura a Palazzo Madama, dove oggi è stato approvato definitivamente e senza bisogno di fiducia visto l'atteggiamento collaborativo dell'opposizione: diventa quindi legge dello Stato.
Tra le proroghe contenute nel decreto ce n'è una di particolare importanza, che però in termini tecnici non è esattamente una proroga ma una riapertura di termini: riguarda lo scudo fiscale. Alla sanatoria per il rientro dei capitali illecitamente portati all'estero (il cui termine era fissato al 15 dicembre) si potrà a aderire anche dal primo gennaio al 30 aprile, con un'aliquota maggiorata.
Sono invece classici esempi di norme che tutti gli anni trovano posto nel milleproroghe sia la proroga del blocco degli sfratti (cioè la loro sospensione per un altro anno) sia quella delle concessioni demaniali relative alle spiagge. È stata poi inserita nel testo una ulteriore riduzione del 10% (rispetto a quella del 2008) del personale della pubblica amministrazione.
Intanto alla Camera la commissione Bilancio e quella Affari costituzionali ha dato il via libera ad un altro decreto legge, che ora dovrà essere esaminato dall'aula: quello relativo agli enti locali. Tra i punti più importanti la parziale entrata in vigore a partire da quest'anno della riduzione del
numero degli assessori per i Comuni e le Provincie. La norma originaria, che conteneva vari tagli alle poltrone della politica locale era stata introdotta con la legge finanziaria, era stata poi rinviata al 2011.
Ora nella nuova versione la stretta viene un po' ammorbidita: resta l'obbligo da quest'anno di ridurre del 20 per cento il numero dei consiglieri provinciali e comunali. Si stabilisce inoltre che in questi enti il numero degli assessori non possa essere superiore ad un quarto di quello dei consiglieri.
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