
10/01/11
Corriere della Sera
Qualcosa si muove, finalmente. Cominciano ad accorgersi dell’arrogante follia, dell’inconsistente vanità, della pacchianeria circense che sta dietro la proposta di far sfrecciare i bolidi della Formula Uno a Roma. Qualcosa di più e di diverso delle solite polemiche che funestano secondo consuetudine i progetti di grandi opere. Almeno le grandi opere hanno una loro intrinseca utilità. Se ne possono discutere l’ubicazione, i costi, l’impatto ambientale. Ma nessuno nega che una strada, un ponte, un viadotto, una galleria abbiano un senso, un significato. Portare le gare a Roma è invece indice di una mentalità che trasforma la realtà in un gioco, senza rispetto per chi ne subisce le conseguenze, senza neanche un po’ d’affetto per le persone e le comunità che vedrebbero degradare il loro ambiente vitale a una pista, a un’arena, a un lunapark di dimensioni mostruose.
Ecco perché, stavolta, non funziona lo schema degli innovatori contro i conservatori. E stupisce che la giunta romana, che pure dovrebbe avere principalmente a cuore la sorte dei cittadini da essa amministrati pro tempore, assecondi l’avventura da Fitzcarraldo de noantri di chi vuole spianare, erigere, tagliare, riplasmare una parte di città con lo stesso spirito con cui si è suggerita una gara di sci di fondo nel Circo Massimo. Tutti hanno detto che questa proposta era cervellotica. Ma la logica era la stessa: punire la città così com’è, non dotarla delle infrastrutture di cui ha bisogno, non proteggerla con la manutenzione che è necessaria, e trasformarla invece in un baraccone turistico, in un set televisivo, in una bomba acustica che fa tremare i palazzi, terrorizzare chi ci abita, stravolgere il traffico già impazzito di una città.
Ora la ragione comincia ad affiorare. Con il trionfalismo di chi sente di avere la vittoria in mano, gli ispiratori della Formula Uno a Roma hanno già fissato una data indicativa per la prima impresa rovinosa dei bolidi: agosto 2013. Ma tutta la spavalderia degli annunci ha fatto capire a molti romani che quella che consideravano una trovata bislacca e irrealizzabile avrebbe potuto trasformarsi in realtà. L’incubo si è improvvisamente avvicinato e questo sta provocando il risveglio di architetti, urbanisti, archeologi. Malgrado le sollecitazioni di alcuni consiglieri del Pd e di Sinistra e Libertà dell’Eur, finora il Pd (come avviene sempre più spesso) non ha detto nulla. Ora, forse, è intenzionato a dare battaglia nel consiglio comunale di Roma. Lo stesso sindaco Alemanno, si dice, pare proprio che non abbia apprezzato le ultime baldanzose dichiarazioni di chi fortissimamente vuole che una pista ad alta velocità massacri una parte di Roma. Non è però detta l’ultima parola. Forse quel progetto potrà essere rinfoderato e archiviato dove merita: nel dimenticatoio delle cose inutili e pazzotiche. Basta volerlo.
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