
Una bimba saltella sul marciapiede, il pugno stretto si schiude di fronte al panettiere ambulante. Si conquista il suo trancio di nan (pane) e subito torna sui suoi passi. Le passa accanto un coetaneo, grembiule blu e cartella sulle spalle. Avvolti nella morsa del traffico di Kabul, su cui insiste la coperta di smog che offusca il profilo solenne delle montagne attorno allo spazio urbano, i bambini della capitale esaltano l’immagine di una città che visibilmente si rifiuta di restare ripiegata su se stessa.
RITORNO SUI BANCHI
Sono tra le decine di migliaia di bambini che frequentano le 14mila scuole afghane - un numero impressionante se si pensa che nel 2001, alla caduta del regime dei talebani, le scuole erano meno di mille e tutte rigorosamente maschili. Oggi in qualche scuola della capitale esistono persino classi miste: un timido ma importante tentativo di ridare dignità alle donne, che oggi siedono persino nel 28% dei seggi in Parlamento e per le strade di Kabul camminano coprendosi il capo con veli sempre meno claustrofobici. Anzi, molte lo portano «all’iraniana», cioè mostrano qualche ciocca di capelli, mentre il tradizionale burka azzurro è sempre più raro, almeno nelle vie della capitale.
SVOLTA TECNOLOGICA
Il numero delle parabole sui tetti e delle televisioni locali aperte negli ultimi dieci anni (oltre 100) danno la chiara misura di un paese assai più interconnesso con il mondo di quanto l’Afghanistan fosse all’inizio del terzo millennio, inaugurato sotto il segno oscurantista dei talebani. È forse questa la ricaduta più nobile dei dodici anni di una missione militare internazionale - Isaf (International security assistance force) - passata attraverso differenti fasi critiche, e dei 54 miliardi di dollari confluiti nel Paese dal 2001 ad oggi: in una parola, la modernizzazione. È indubbio, infatti, che lo sviluppo socio-economico e infrastrutturale dell’Afghanistan abbia gradualmente permesso alla popolazione locale di accettare più facilmente la capillare tutela internazionale e di guardare al soldato straniero non più come un invasore ma una potenziale fonte di opportunità. Un aneddoto vale più di mille numeri: il capovillaggio di Mogholaw-e-now, nel distretto di Shindand, all’inaugurazione del suo moderno allevamento di polli, realizzato grazie al Prt (Province reconstruction team) italiano di Herat, ribattezza Nurollah (Luce di Dio) il capitano Turolla del 183esimo reggimento paracadutisti Nembo, che ha seguito la realizzazione e il completamento dei lavori. L’allevamento è in grado di dare lavoro a 30 delle 300 famiglie che popolano il villaggio. Il Pil dell’Afghanistan è quadruplicato dal 2001, 22 chilometri di nuove strade e 75 chilometri di ferrovie (vietate sotto i talebani) sono state costruite. Ma, soprattutto, oltre un terzo della popolazione fruisce oggi dell’energia elettrica, che in alcune aree di Kabul funziona 24 ore al giorno.
LA COOPERAZIONE
Il moltiplicarsi dei progetti della cooperazione internazionale a favore della popolazione ha avviato un delicato ma vincente processo di legittimazione della presenza straniera presso la popolazione afghana: «Un passo obbligato - come sostiene il Generale Battisti, capo di Stato Maggiore della Missione Isaf - per una missione che all’inizio godeva solo della legittimità internazionale - ovvero del mandato dell’Onu. Era necessario, invece, che la società riconoscesse la bontà delle nostra presenza attiva, non solo volte a com- battere i talebani, ma anche a proteggere gli afghani». La formazione e l’addestramento di un apparato di forze di sicurezza nazionali l’esercito e la polizia - è uno dei punti cruciali della rinascita di Kabul e di altre aree del Paese. Un processo, tuttavia, non così lineare e che proprio in questa fase è sottoposto alla prova decisiva: è, infatti, avviata la transizione dalle forze internazionali all’esercito afghano, che si concluderà alla fine del 2014 con la fine del mandato ISAF.
LA SICUREZZA
Proprio due giorni fa un’autobomba è esplosa nella capitale non lontano dalla sede che ospita i negoziati tra il governo afghano e quello statunitense sull’accordo bilaterale per la sicurezza, che dovrebbe essere approvato nei prossimi giorni dalla Loya Jirga, il parlamento di Kabul. Una sfida che resta cruciale in un Paese in cui l’insorgenza islamista, ideologica e antisistema, si somma ad una criminalità di varia natura, che impedisce il corretto flusso dei traffici commerciali e fa affari d’oro con la vendita dell’oppio: la produzione del papavero quest’anno ha subito un incremento del 36% rispetto all’anno passato.
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