
L'emergenza profughi sta incartando il governo e creando difficoltà al Paese. Tanto che ieri il presidente Silvio Berlusconi e il ministro dell'Interno Roberto Maroni sono andati a Tunisi portandosi dietro il carico delle polemiche degli ultimi giorni. Il premier è andato prima al palazzo presidenziale di Cartagine per un colloquio con il presidente ad interim della Repubblica tunisina, Fouad Mebazaa.
Quindi la visita alla sede del governo per incontrare il primo ministro Beji Kaid Essebsi. «Stiamo lavorando - ha detto Berlusconi - per una possibilità di rimpatrio, c'è la volontà del governo di Tunisi e nostra per farlo in modo civile. La Tunisia sta vivendo un momento difficile e molti giovani decidono di guardare all'Europa in cerca di libertà e di democrazia: è comprensibile la loro volontà di cercare una nuova vita in una situazione di civiltà e di benessere». Infine ha spiegato che il ministro Maroni «lascerà qui una commissione tecnica e tornerà per discutere dell'accordo». Accordo che di fatto, dicevano già ieri sera le agenzie tunisine, ancora non c'è. Sulla missione del governo italiano in ogni caso, gravano pesanti critiche. «Berlusconi va a Tunisia - ha commentato la parlamentare radicale Emma Bonino, da sempre attenta a questi temi - ma non si capisce quale sia l'obiettivo della missione. La Tunisia ha accolto centomila persone in fuga dalla Libia, è un Paese in difficoltà, ha sciolto tutti i corpi di polizia, affida il mantenimento dell'ordine alle forze armate, certamente impreparate a operazioni complesse come il controllo del territorio». E in questo quadro esplode in Italia e nel mondo politico la polemica su dove accogliere le tendopoli. Resta infatti sempre difficile la situazione a Manduria, dove oltre duecento immigrati ospiti del Centro di accoglienza e identificazione di Contrada.
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