
A quanto pare, Silvio Berlusconi ha deciso di non far cadere il governo per protestare per la conferma politica della sua condanna giudiziaria, che considera ingiusta e basata su prevenzione e ostilità. La sua decisione, se sarà confermata, prelude a una ricostruzione del campo del centrodestra in cui la questione della giustizia assuma un peso eguale a quello delle tasse e, soprattutto, diventi tema di iniziativa politica di massa, visto che le manovre più o meno sconclusionate di affrontarlo nelle aule parlamentari sono fallite clamorosamente. I referendum indetti dal Partito radicale sembrano fatti apposta (e secondo qualche maligno lo sono) per fornire una base di convergenza esterna, cioè non direttamente legate alla vicende personali di Berlusconi, che ha già visto aderire esponenti di primo piano dell’area centrista, compreso Mario Monti. Senza una poderosa spinta dall’esterno il Parlamento non è stato mai in grado di affrontare strutturalmente il problema dello strapotere giudiziario, quale che fosse la maggioranza della legislatura. I referendum radicali, se come pare saranno sostenuti da un arco ampio di forze politiche e di personalità, possono rappresentare quella spinta.
Naturalmente ci sarà il tentativo di renderli inefficaci ricorrendo all’appello all’astensione, del tutto lecito in caso dì referendum, per impedire che venga raggiunto il quorum di validità. Però questa tattica, che ha funzionato tante volte, potrebbe fare cilecca in questa occasione, anche perché i radicali hanno messo al fuoco molta altra carne, magari indigesta per molti come quella che tende a limitare l’apporto finanziario alle istituzioni religiose o di beneficenza tramite l’8 per mille. La presenza di un arco eterogeneo di quesiti può indurre molti a un voto differenziato, che si può dare solo partecipando, e questo può far fallire la manovra basata sull’astensionismo. In ogni caso se si vuole svolgere questa battaglia civile è necessario che la legislatura duri abbastanza a lungo, e questo può essere il problema vero. Se anche non sarà Berlusconi a far cadere il governo per provocare elezioni anticipate, c’è il fronte opposto, quello giustizialista, che potrebbe far saltare il tavolo proprio per evitare i referendum radicali e quindi un giudizio popolare sulle storture della giustizia italiana. Le manovre in corso nel Partito democratico in vista del congresso, come sempre piuttosto confuse, sembrano il terreno più favorevole a una manovra di questo genere, anche per l’assenza di una reazione dell’area garantista che in quel partito esiste ma pare chiusa nelle catacombe.
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