
28/10/10
Europa
La crisi dei rifiuti in Campania è molto di più di un problema locale, per molti versi è la rappresentazione più fedele di quanto Marco Pannella dice da anni: «Dove c'è strage di diritto, c'è strage di popoli». Una frase che può sembrare eccessiva ma che, nei fatti, è tremendamente veritiera. Il nostro paese, dal primo gennaio 1948 a oggi, ha vissuto tantissime fasi emergenziali. La classe politica italiana ha sempre cercato di risolverle con leggi speciali, decreti d'urgenza e commissariamenti, ottenendo il logoramento di quella Carta costituzionale che nella sua piena attuazione avrebbe dovuto garantire la democrazia.
La questione rifiuti in Campania è forse oggi il caso più lampante della gestione partitocratica di un territorio e degli strumenti che essa usa. Il passaggio dalle leggi ordinarie a quelle straordinarie non è altro che lo strumento che i partiti impiegano, spesso in combutta con il potere criminale, per controllare i territori e per "radicarsi" sempre di più in questi. In Campania lo stato di emergenza è cessato ufficialmente, dopo oltre 15 anni, sulla base di un decreto legge approvato dal governo il 17 dicembre 2009, che ha fissato la data del 31 dicembre 2009 quale termine finale dello stato di emergenza e del commissariamento straordinario. Ma i rifiuti sono ancora per strada e la "cultura" della discarica rimane sempre quella predominante. I casi di tumore aumentano, la gente scende per strada a protestare e gli scontri sono all'ordine del giorno. Si è arrivati a una situazione talmente esplosiva che per fronteggiarla si usa l'esercito. Guardando quello che accade, facilmente vengono in mente alcune scene "degne" delle peggiori dittature sud americane, dove il dissenso, il più delle volte auspicato, diventa fuorilegge e quindi da reprimere con tutti i mezzi a disposizione.
Durante la trasmissione Annozero del 30 settembre scorso, un cittadino di Terzigno ha descritto chiaramente quello che è avvenuto negli ultimi quindici anni in quei territori: ha giustamente accusato i vari commissari, assessori e amministratori locali che si sono susseguiti, di non aver fatto altro che cercare un "buco" (discarica) aggirando le leggi e avvalendosi di collaborazioni milionarie con consulenti, tecnici e presunti esperti del settore. In questi casi il confine tra partiti e criminalità organizzata diventa sottile, lo stato di emergenza permette a entrambi di distruggere quello di diritto e di acquisire ingenti risorse economiche.
«Negli ultimi quindici anni i partiti di centro, di destra e di sinistra che hanno governato la Regione - a esclusione dei radicali - non hanno saputo programmare, ma hanno invece scientificamente protratto lo stato da leggi speciali, senza costruire impianti per la raccolta differenziata, per il compostaggio, per il combustibile dei rifiuti e per la stabilizzazione dell'organico. Hanno cercato solo un "buco", per l'appunto. Tutta l'impiantistica non è stata costruita per realizzare un disegno ben preciso: protrarre il più possibile lo stato emergenziale. Berlusconi è sicuramente colpevole di aver detto a reti unificate di aver risolto il problema, mentendo, ma tutti i partiti non sono esenti da colpe i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Già nel 1965 Mario Boneschi, in un articolo dal titolo "Alla radice del disordine amministrativo, i commissari straordinari", pubblicato sul Mondo economico, scriveva: «[...] Se il governo abusa dello strumento dei commissari, annulla l'autonomia che la legge attribuisce agli enti: centralismo ed arbitrio, mali unanimemente deplorati, avanzano, si consolidano, si estendono. È ben noto come il governo abusi dell'istrumento e come, attraverso le gestioni commissariali gli organi centrali vengano ad esercitare poteri non spettanti, ed a relegare in soffitta lo stato di diritto».
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