
Il polverone Renata alimenta la bufera Lazio. Del resto c’era da aspettarselo: la foto della candidata del Pdl per la presidenza della Regione Lazio, a cavalcioni sulla sbarra della Curva Nord capitolina, quella biancoceleste, sopra l’effigie di Gabriele Sandri. Un ritratto riportato su tutte le testate sportive e non, a commento dell’ennesimo tracollo laziale: stavolta la sconfitta arriva all’Olimpico, 0-2 per il Bari. La prima squadra della Capitale, come amano ricordare i suoi tifosi, scivola ancora più giù in classifica: adesso è quart’ultima a soli due punti dal Livorno - guarda caso - che allo stato attuale sarebbe la prima delle tre squadre a retrocedere. Ventisei punti dopo ventotto giornate sono pochi per la squadra che aveva inaugurato il 2009/2010 con un convincente successo in Supercoppa a danno dell’Inter campione d’Italia in carica. Ma, come sempre, c’è chi soffia sul fuoco.
Così anche la presenza di Renata Polverini in curva diventa un pretesto per inveire contro la "povera" - è il caso di dirlo - Lazio. Secondo alcuni tifosi laziali l’iniziativa di portare la rappresentante dell’Ugl tra gli spalti è stata una mossa poco felice, secondo altri necessaria: «La politica c’è l’ha messo, la politica lo toglie» è del resto lo slogan degli anti-Lotito che stanno provando in ogni maniera a richiedere un intervento liberatorio invocando le responsabilità della classe politica in merito ai fatti del 2004, quando l’ascesa dell’attuale maggior azionista della Lazio sarebbe stata favorita dall’ex presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, che per ironia della sorte è anche tifoso romanista.
Qualcun altro, invece, si è limitato a sostenere che la presenza di Renata Polverini tra le fila degli Irriducibili «non ha portato fortuna», come ha sostenuto Ruggero Palombo dalle colonne della Gazzetta dello Sport, limitandosi a commentare il risultato sportivo.
Replica snob da parte di Emma Bonino: «Ognuno fa la campagna elettorale pensando a chi può convincere meglio», quasi come se quello dei tifosi fosse un elettorato di serie b. Ma la candidata del centrodestra alla Regione non era la sola presenza ritratta in mise sportiva sulla sbarra della curva. Era già entrato nel settore popolare, poco prima, scortato dai leader del tifo ultras biancoceleste, Maurito Zarate, il numero 10 della Lazio, che, squalificato, ha assistito alla partita da quella posizione poco convenzionale per un calciatore e ha tifato per i propri compagni soffrendo e stringendo la sciarpa che portava al collo. Anche questo è un ritratto non conformista della domenica nel pallone della gente laziale destinato a far parlare anche nei giorni a seguire. Il giovane talentuoso attaccante argentino ha tutte le credenziali per diventare un personaggio: centravanti dalla classe cristallina, appena approdato in Italia ha subito fatto vedere di che pasta era fatto. Poco simile al fratello Sergio Fabian, che adesso è il suo procuratore, che non ha lasciato un buon ricordo a margine della sua unica stagione nell’Ancona- correva l’anno 1992-93 - Mauro non vive un buon momento, come del resto tutta la Lazio. E come spesso accade in circostanze simili, quando la squadra non gira gli attaccanti, coloro che dovrebbero scacciare le crisi a suon di gol, finiscono sul banco degli imputati. Così non mancano le critiche al numero 10 biancoceleste, accusato spesso di volere giocare con un pallone per sé e uno per la squadra, data la capacità di possesso palla, spesso esasperata.
Inutile dire come certa stampa ci marci sopra. Riuscirà Zarate a rialzarsi e a risollevare la Lazio dall’incredibile posizione di classifica? Ad oggi non ve n’è certezza, né tanto meno sono riscontrabili tracce che facciano presagire al miracolo. Ciò nonostante non mancano i sostenitori dell’argentino, possibile candidato a un posto per il mondiale tra le fila della nazionale guidata da Diego Maradona. Crede in Zarate Gabriella Greison, giornalista della Gazzetta dello Sport, che al baby campione ha addirittura dedicato un libro, il primo su di lui da quando è in Italia.
Così parlò Zarate (Limina, pp. 126, euro 18), dal titolo nietzscheiano, piccolo compendio sul beniamino del popolo biancoceleste, che non manca di un fan d’eccezione, Felice Pulìci, protagonista di una Lazio vincente e d’altri tempi, portiere della formazione scudettata del 1974, che nella prefazione al libro ammette: «Ho 65 anni, e vivo la Lazio da quasi quaranta. Conosco tutto di questa squadra: Mauro Zarate è un giocatore fantastico. Sembra venuto da un altro mondo, per fare gioire i tifosi e riportare loro la speranza. Zarate deve sentire che la gente gli è vicino: tutti, in ogni ordine e grado, devono sorreggerlo. Lui è ancora ventenne, niente è irraggiungibile per la sua testa. Presto anche Diego Armando Maradona se ne accorgerà. Parola di uno che di giovani, attaccanti, dalle belle speranze, ne ha visti tanti». Il monito proviene da un uomo di calcio, il verdetto, invece, non spetta che al campo. La storia del calcio dice che la Lazio non vive una situazione simile, ovvero la lotta per non retrocedere in B, dal lontano 1985: ai tempi i protagonisti su rettangolo verde si chiamavano Podavini, Dell’Anno, Garlini e le disfatte laziali erano decantate ironicamente nei film con Pippo Franco. L’ultima promozione dei biancocelesti risale al 1988 e da allora la Lazio ha visto alternare campioni tra le sue fila, vissuto un decennio magico sotto la gestione Cragnotti, quando arrivarono scudetto e coppe. Adesso deve ritrovarsi: due destini sembrano legati inscindibilmente. Quello della squadra e del suo campione Zarate.
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