
L'ambasciatore degli Stati Uniti a Roma David Thorne ha consigliato all'Italia un modo di gestire l'immigrazione diverso da quello preferito da ampi settori della maggioranza di governo. Pur evitando polemiche con bersagli personali, il rappresentante mandato nel nostro Paese dall'Amministrazione di Barack Obama ha riservato a una conferenza organizzata dalla commissione Diritti umani del Senato un discorso tutt'altro che insipido: «La nostra esperienza americana in materia di immigrazione, che vanta più di 200 anni, ci ha insegnato che solo quando gli stranieri sono accolti dalla società, allora essi contribuiscono pienamente al suo sviluppo. Invece di essere considerati come un problema, gli immigrati iniziano a partecipare e a contribuire alla crescita del Paese», ha fatto presente Thorne.
Non erano necessari riferimenti diretti a proposte che prevedono trattamenti differenziati per cittadini italiani e immigrati, alla Lega o ad altro per comprendere il senso dell'intervento.
Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, pomeriggio di ieri. Invitato a parlare su «I diritti umani e la politica estera degli Stati Uniti», l'ambasciatore ha premesso che difendere quei diritti «è spesso molto più facile a dirsi che a farsi». Per non essere accusabile di omissioni sulla discriminazione razziale esistita nel suo Paese, ma anche su altri casi recenti come il carcere di Guantanamo, Thorne ha ammesso: «Riconosciamo che gli Usa hanno commesso degli sbagli in questo campo». Però ha aggiunto: «E la speranza del nostro presidente e mia personale che noi possiamo continuare a compiere importanti progressi in questo campo sia nel nostro Paese che nel mondo intero». Da qui l'invito a tenere dritta la barra della difesa dei diritti umani «in momenti di crisi» e prefiggendosi «obiettivi a lungo termine».
Ecco un punto del discorso utile a capire come l'Amministrazione Obama guarda a quanto accade nel nostro Paese e quali impostazioni predilige: «Con un numero crescente di immigrati di seconda generazione che diventano maggiorenni, molti italiani riconoscono l'importanza fondamentale di soddisfare i bisogni degli immigrati e di coloro che sono nati da genitori immigrati. Questo problema ha una rilevanza particolare per me e per i miei colleghi americani, in quanto gli Usa sono un Paese giovane, ma che vanta una lunga storia di immigrazione e integrazione. L'immigrazione è di fatto un elemento essenziale dell'identità del mio Paese». Per averne un'idea su aspetti minori, non citati ieri, è ritenuta così essenziale che l'ambasciata degli Usa, per Natale, ha regalato a vari italiani con i quali è in rapporto un'agenda del 2010 dedicata alla pittura afro-americana.
Scelta non casuale, come non lo è che Thorne abbia riservato una delle uscite pubbliche a una sede parlamentare senza esponenti del governo in tribuna. I predecessori Mel Sembler e Ronald Spogli, durante le presidenze di George W. Bush, si facevano vedere spesso con ministri dei governi di centrodestra. A fianco a Thorne sul palco ieri c'era il presidente della commissione Diritti umani Pietro Marcenaro, Pd. In platea, Lamberto Dini era uno dei pochissimi del Pdl.
Sui nuovi mezzi di comunicazione l'ambasciatore ha ribadito un messaggio: «Una minoranza di utenti che abusa della libertà e dell'anonimato sul web non deve diventare il pretesto per i governi per emanare leggi che limitano l'accesso a Internet». Anche su questo, di fatto, il destinatario era Palazzo Chigi.
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