
Ieri sera sono intervenuto alla presentazione del libro Un inverno italiano, edito da Chiarelettere, che ho scritto insieme a Saverio Lodato e in cui abbiamo raccolto le nostre rubriche per l'Unità. L'ho fatto perché, tra i vari sconvolgimenti atmosferici con i quali siamo ormai costretti a fare i conti, c'è un fatto certo che mi atterrisce: quest'inverno italiano dura ormai da troppo
tempo.
Forse, visto che a queste elezioni amministrative si è finito col dare, da parte di Berlusconi, ancora una volta il significato di un referendum sulla sua persona, mi pare che sarebbe la volta buona, non dico per provocare la fine dell'inverno ma, almeno, una pausa del diluvio.
E mi auguro che l'opposizione non finisca ancora una volta col perdere non tanto per fattori esterni, quanto per polemiche interne. Si era visto in questi giorni, soprattutto all'indomani del decreto, un certo suo ricompattamento. Ma subito dopo è arrivata una doccia fredda, come
se non bastasse la doccia dell'inverno.
La prima avvisaglia è stata la voce del possibile ritiro dei radicali. Sarebbe, a mio avviso, una scorrettezza gravissima pari, forse, alle scorrettezze del Pdl (e quante siano state ce lo dice anche la sentenza di ieri del Tar del Lazio) che il decreto ha tentato di sanare. In parole povere, il ritiro di Emma Bonino significherebbe negare il voto all'intera opposizione di sinistra.
Pregherei poi tantissimo quelli del Partito democratico di non enfatizzare troppo le dichiarazioni di Di Pietro il quale, spesso e volentieri, sembra perdere il senso e il significato di alcune parole. Detto tra parentesi, le trovo meno calibrate di quando faceva il pubblico ministero.
L'importante è trovarsi tutti uniti e cercare di battere Berlusconi con la vera arma della democrazia che è il voto popolare. Mi sembra che la manifestazione di sabato prossimo, alla quale purtroppo ancora una volta potrò essere presente solo in spirito, possa essere una cartina di tornasole per saggiare la vera compatta volontà dell'opposizione di dare una prima vera spallata a questo governo.
E al suo leader che riesce ogni giorno di più a dividere un Paese che, invece, avrebbe necessità assoluta di unità. Quell'unità per la quale ogni giorno il nostro capo dello Stato Giorgio Napolitano è costretto a fare gli straordinari.
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