
24/11/09
L'Opinione
Se qualcuno pensa che la vicenda della bastonatura europea di Massimo D`Alema sia archiviata, sbaglia di grosso. Soprattutto il diretto interessato la farà pagare, e molto cara, ai responsabili. E li sta facendo individuare attivamente. Chi lo conosce bene sa quanto l`uomo sia allergico alle sconfitte. "Non accetta di perdere, di non essere il numero uno", ha scritto di lui Giovanni Fasanella, in quella che risulta agli atti come unica biografia ufficiale. E quei che sta accadendo nelle riunioni in largo dei Nazareno, la direzione del Pd, narra di un clima molto più teso di quanto non si faccia trasparire. "I congiurati", come li chiama qualcuno, sono tutti in casa. Emma Bonino punta l`indice sui leader socialisti europei, da Tony Blair a José Luis Zapatero, passando per l`Spd. E se Martin Schulz cerca di mestare nel torbido, rimandando a improbabili responsabilità nel campo del centrodestra italiano, "ì congiurati" potrebbero essere in realtà molto più vicini a D`Alema di quanto egli stesso pensava. Le relazioni europee del Pd le ha tenute, fino a ieri, una troika solo in parte dalemiana. C`erano il già sottosegretario agli esteri Gianni Vernetti; l`ultimo segretario Ds, Piero Fassino, il plurimandatario a Strasburgo Gianni Pittella. Il primo, Vernetti, già della Margherita, aveva servito alla Farnesina sotto D`Alema, con-cui aveva litigato in corso d`opera al punto di allontanarsi progressivamente dal Pd. II secondo ha voltato le spalle a D`Alema al punto da organizzare in tutt`Italia la corrente veltroniana, sostenendo al congresso di appena cinque settimane fa, con Franceschini, la più forte opposizione interna che il presidente di italiani Europei abbia mai avuto. Il terzo uomo, Pittella, ama dipingersi come dalemiano, all`occorrenza. Ma ha una personalità più complessa, dalla biografia articolata; è di matrice socialista e rappresenta in Europa più la sua Lucania che gli interessi del Presidente. Se qualcuno ha tradito, mollando la presa nel corso delle trattative, i dalemiani sanno che va cercato in questa punta di freccia, prima ancora che nelle seconde file. E lo sanno a tal punto che l`ultima settimana di negoziati li hanno condotti in prima persona non dal partito, o dal gruppo parlamentare a Bruxelles, ma dalle segrete stanze della fondazione dalemiana Italiani Europei (il nome non è servito...) in piazza Farnese. A questo lavoro si sono applicati i vertici di quello che potrebbe essere, se il "redde rationem" dalemiano andrà avanti come sembra, il nuovo assetto di governo della politica internazionale del Pd. Il partito ha perso per strada Fassino ma ha reintegrato Marina Sereni, che era fassiniana ed è passata armi e bagagli con D`Alema, ed ora si vede assegnato l`altissimo scranno di vicepresidente nazionale. Ha tenuto a lungo il dipartimento esteri, sarà lei a ritessere le fila. E con lei Umberto Ranieri, distaccato per un po` di tempo al Quirinale, che rientra adesso formalmente nel Pd proprio per seguire la "Politica per l`Unione Europea", mentre Lapo Pistelli - fino a dieci giorni fa di salda fede rutelliana - s`incaricherebbe, più ampiamente, delle "Relazioni Internazionali". Pierluigi Bersani, che deve rendere conto di questa sconfitta ai suoi grandi elettori, il primo dei quali ha i noti baffi, starebbe cercando di correre ai ripari: la misura d`emergenza, si vocifera nei corridoi del Nazareno, starebbe nell`incarico a consulenti esterni, soprattutto affiliati allo lai, l`istituto Affari Internazionali, di singoli dossier e di intere campagne sugli esteri del Pd. Un mosaico di investiture, di responsabilità e di funzioni che non ha agevolato il Pd nell`autorevolezza della voce, che si è fatta fioca davanti agli interlocutori europei dei partiti meglio strutturati. Ma certamente anche una debolezza che nasce dalla scompostezza interna, dalla frastagliata geopolitica dei rapporti tra le componenti, i circoli, le fondazioni, i singoli esponenti sempre più divisi e rissosi e sempre meno attrezzati per competere sul piano internazionale. A Martin Schulz, che questa situazione ben conosce, lasciamo il divertissement della provocazione politica. Ad altri, rimangono le ferite da leccare.
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