
26/10/10
Il Foglio
Le tasse devono essere bellissime. almeno sulle rendite finanziarie, Sarebbe altrimenti difficile spiegare la ressa politica per appropriarsi di questo argomento. La primogenitura va riconosciuta ai vendolian-bertinottiani, che ai tempi del governo Prodi si battevano per spingere l'aliquota dall'attuale 12,5 per cento al 20 per cento. Poi è arrivato il Pd, anch'esso aggrappato al 20 per cento. Ultimo ma non ultimo. Gianfranco Fini, che per non essere da meno ha rilanciato: 25 per cento. Si tenta così di vendere agli elettori lo scalpo degli speculatori: sì offre il miraggio di un beneficio (la caccia all'untore) senza alcun costo apparente.
Purtroppo tassare le cosiddette rendite, che poi sarebbero il risparmio, è una mossa gravida di conseguenze negative. Anzitutto, si colpirebbero non già i pirati di Wall Street ma i risparmiatori medi e piccoli.
In Italia, le "rendite finanziarie" vengono soprattutto dai Bot, e i percettori di redditi da capitale sono soprattutto famiglie. Secondariamente si disincentiverebbe il risparmio all'indomani di una crisi causata dall'eccesso di debito (pubblico e privato). Terzo rendendo meno conveniente l'acquisto dei buoni del tesoro, si aprirebbe una nuova falla nei conti pubblici. Quarto. il gettito della manovra non sarebbe forse nemmeno sufficiente a compensare il maggior costo del debito. Peraltro l'argomento che nella maggior parte degli stati membri dell'Ue la tassazione è più salata è risibile: sarebbe come se le isole Cayman si lamentassero di avere aliquote troppo basse. Non che l'Italia sia un paradiso fiscale, ma se i capitali sono tassati a livelli da purgatorio. è proprio necessario traghettarli all'inferno?
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