
La rimozione della memoria è fenomeno, scientificamente studiato, che per gli operatori dell'informazione è divenuto elemento strutturale, direi quasi antropologico. Un esempio, non me ne voglia, è l`articolo sul finanziamento pubblico dei partiti contenuto nell'edizione di ieri di Italia oggi.
Dopo aver ricordato i referendum abrogativi del 1978 e del 1993, peraltro omettendo, come oramai è in uso, chi ne fossero i promotori, l`autore nota che «nel corso degli anni nessun partito aveva proposto un nuovo referendum abrogativo, gli stessi radicali non si sono più fatti avanti».
Evidentemente devo essermi sognato quel 21 maggio del 2000 quando, insieme ad altri 15 milioni e 796 mila italiani, andai a votare per il referendum abrogativo della legge sui rimborsi spese per le consultazioni elettorali e referendarie. Dieci milioni furono i «si» a quel referendum promosso in solitudine, al pari dei due precedenti, dai Radicali. Non bastarono per cancellare la legge truffa che aveva reintrodotto il finanziamento pubblico solo perché il quorum si fermò al 32%, grazie al fatto che Berlusconi invitò í suoi elettori ad astenersi.
Il futuro premier definì «referendum comunisti» quello stesso pacchetto di riforme considerate invece da Rudi Dorribusch «proposte rivoluzionarie»: oltre al quesito sui rimborsi elettorali, infatti, c`erano ì referendum sul mercato del lavoro (tra cui l`ancora attuale articolo 18) e il sistema sindacale, sulla riforma dello stato sociale e della giustizia. In pratica,
l`agenda della politica di oggi cui avevamo fornito risposte con dodici anni di anticipo. Tornando al finanziamento pubblico, l`articolo rimuove anche la cronaca recente quando, per tessere le lodi dell'annuncio dell'Italia dei valori, sottolinea che «nessuno finora aveva provato a rilanciare un referendum abrogativo della legge che assegna soldi pubblici ai partiti». Peccato che lo avessimo fatto proprio noi Radicali dall'inizio di febbraio, indicando nel prossimo ottobre l`avvio della raccolta firme, in quanto la legge non consente di farlo prima.
Anzi, colgo l`occasione per invitare i suoi lettori a unirsi alle centinaia di cittadini che hanno già preannunciato il loro impegno ad attivarsi aderendo tramite il modulo che da oltre un mese campeggia nell'home page del sito di Radicali Italiani.
È ora di stabilire un principio chiaro: non un euro pubblico alle strutture dei partiti, che devono essere autofinanziate in modo trasparente dagli iscritti e dai simpatizzanti. Quello che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini,.non solo ai partiti, sono i servizi e quanto necessario per «fare politica», ad esempio la disponibilità di luoghi per assemblee, di autenticatoci per le raccolte firme, di opportunità per far conoscere e pubblicizzare iniziative politiche.
Sarebbe una rivoluzione copernicana: se un partito è finanziato dallo Stato non avrà alcun interesse a conquistare il consenso degli iscritti, tanto l`apparato lo paghiamo noi e i voti sì fanno con la televisione. Che, in realtà, è un finanziamento indiretto persino più importante: se calcolassimo il valore commerciale di tutte quelle ore televisive garantite ad alcuni partiti arriveremmo a cifre da capogiro.
Mario Staderini, Segretario di Radicali Italiani.
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