
Mercedes Bresso è telegrafica, Roberto Cota striglia i giornali. I due avversari delle elezioni del 2010 tornano a sfidarsi a distanza. La “zarina” non esulta ma invita il governatore a dimettersi subito: «Sono soddisfatta della sentenza della Cassazione. Ora Cota conceda al Piemonte una guida più autorevole e legittimata». «A questo punto mi auguro anche una veloce ripresa dell’iter amministrativo». Prevedibile il consiglio-provocazione al contendente di tre anni fa: «Ora Cota dovrebbe proprio rassegnare le dimissioni».
Al termine di una lunga giornata in tour per incontrare gli imprenditori piemontesi, il governatore non nasconde la sua irritazione e considera tanta fibrillazione un fumo senza sostanza. «La sentenza sul caso Giovine è una non notizia — scrive — Non c’entra un fico secco con il risultato delle elezioni. Per gli stessi motivi hanno già condannato un autenticatore di una lista collegata alla Bresso». La notizia, invece, sostiene il presidente della Regione «è che a tre anni dalle elezioni si parli ancora di queste beghe che in un Paese normale dovrebbero essere verificate definitivamente tutte prima del voto». Poi l’attacco ai media con una sferzata apocalittica finale: «I giornali continuano a trascurare le cose veramente importanti. Svegliatevi, perché il mondo sta franando e voi siete lì a fare il vostro teatrino».
Nel cerchio più vicino al governatore, compagni di partito e alleati, le reazioni hanno un minino comun denominatore: il trattamento non è equo fra i Pensionati di centrosinistra e quelli di centrodestra. Nessuna sorpresa, commenta il capogruppo regionale del Carroccio Mario Carossa, che si accoda alle considerazioni del presidente: «A dir la verità non ci aspettavamo nulla di diverso. A questo punto non posso che auspicare che la stessa decisione sia presa nei confronti di Luigina Staunovo Polacco. In un Paese normale sarebbe ovvio ». Alla vigilia di uno dei giorni più complicati per il Pdl, l’alleato del Popolo della Libertà Enrico Costa è impegnato in un incontro con Angelino Alfano e a tarda sera nulla ancora sa di quanto è avvenuto in Cassazione: «A dir la verità non vedo alcuno scenario politico in questa situazione. Vedo semplicemente una condanna personale nei confronti di un esponente politico ma non conseguenze politiche. Mi pare ovvio però sottolineare che ci sono stati atteggiamenti contrastanti con termini diametralmente opposti ».
Nel Partito democratico, il capogruppo regionale Aldo Reschigna e il segretario regionale Gianfranco Morgando auspicano che a questo punto arrivi al più presto la decisione della magistratura amministrativa: «Purtroppo siamo sicuri che il presidente della Regione non compirà mai quell’atto che, dopo la conferma della condanna, sarebbe conseguente e coerente: le dimissioni dal suo incarico in modo che si torni al voto». La sentenza tuttavia è una conferma per i piemontesi, proseguono: «A quasi tre anni e mezzo da quelle elezioni, i cittadini della nostra Regione sanno che le irregolarità ci furono e che furono essenziali per la vittoria di Roberto Cota e del centrodestra. Senza quei voti, avrebbe perso».
La condanna in via definitiva significa annullamento della sua intera lista, sostengono i radicali Igor Boni, Giulio Manfredi e Silvio Viale, querelati un anno fa da Giovine: «La condanna pone finalmente un punto fermo in una vicenda di illegalità che iniziò già con le elezioni regionali del 2005, quando l’Associazione radicale Adelaide Aglietta fu l’unica a denunciare le firme false». I radicali sostengono poi che la condanna debba portare a conseguenze più radicali della semplice sostituzione in Consiglio regionale di Giovine con il suo braccio destro Sara Franchino: «I tre gradi di giudizio hanno dimostrato chiaramente che è l’intera lista Pensionati per Cota ad essere nulla, non solamente il capolista». E se salta l’intera lista salta anche Cota, concludono: «La partita era truccata, il baro è stato scoperto e punito e la partita dev’essere rigiocata».
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