
02/11/10
Il manifesto
Non mollano i gruppi parlamentari Pd anche se, come recita la mozione finale del fluviale IX Congresso di Chianciano, sono certi «che, se si venisse formando un gruppo parlamentare radicale, apparirebbe chiaro al Paese e al Pd il contributo che sarebbe fornito agli obiettivi e alle ragioni per un’alternativa democratica, fino a poter immaginare come naturale l’adesione di questo gruppo politico parlamentare anche al Pd e "non solo"». Prosa travagliata per concetto di non facile traduzione: ai radicali piacerebbe entrare nel Pd, cioè in un Pd in grado di non sterilizzarli, e per farlo meglio bisognerebbe intanto rompere alle camere. Ma è tutto un ipotetico del terzo tipo: a Montecitorio servirebbero 20 radicali, contro i sei che ci sono, al senato dieci contro i tre, quindi per ora tutti restano dove sono. La prossima puntata del serial è un nuovo incontro fra delegazioni, offerto da Rosy Bindi, la presidente dell’assemblea Pd intervenuta (e applaudita affettuosamente) a Chianciano. Bersani non è Veltroni né Franceschini, contro i quali ancora gli interventi sacramentano, ma il Pd resta il Pd. E il segretario Mario Staderini alla fine offre un calumet di pace per un litigio a senso unico: «E in atto uno sfascio delle istituzioni. Noi siamo alternativi a questo sfascio con la nostra intransigenza liberale e democratica. È questo che noi offriamo al Pd e ci attendiamo che sappiano raccogliere questa opportunità». Ieri si sono concluse le assisi di radicali italiani, quattro giorni di dibattito con il consueto ricco menù sociale della galassia: le vere emergenze del paese, affollamento delle carceri, ricostruzione dell’Aquila, proibizionismo e le schiere delle sue vittime. Ma stavolta i picchi di emozione sono tutti prodotti in casa dal leader ottantenne Marco Pannella, scavato da un mese di sciopero della fame e sei giorni della sete, che ha capitalizzato qualcosa come una mezza dozzina di interventi tutti drammatici nonostante la fibra del vecchio resistente. Il penultimo per fortuna per annunciare l’interruzione dello sciopero della sete contro l’impiccagione di Tareq Aziz, appena il ministro Frattini ha riferito il congelamento dell’esecuzione. Quanto al Pd, è Marco Cappato a chiedere di non considerare l’adesione ai gruppi parlamentari «una situazione immutabile», e di valutare se una fuoriuscita possa rendere più efficace l’azione radicale. La risposta (di Pannella e Emma Bonino) è no, ma la «prospettiva» entra nella mozione finale e a nessuno dispiace ricordare ai democratici in picchiata di consensi di non sottovalutare il tema. Cappato è protagonista di una battaglia serratissima contro quella che lui definisce «la falsificazione completa» del voto regionale in Lombardia. La magistratura ha aperto due inchieste, e dire che il Pd, che pure avrebbe da guadagnarci, si tenga alla larga è un eufemismo. Confermati con ampie maggioranze il segretario Mario Staderini e il tesoriere Michele De Lucia. Nuovo presidente Silvio Viale, il medico impegnato a favore della sperimentazione della RU 486.
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