
Certo, l’effetto Marrazzo non c’è stato. Lo scandalo dei trans, gli sviluppi dell’inchiesta di questi ultimi giorni, le accuse dell’ex governatore all’apparato del partito e al loro inevitabile corollario di polemiche non hanno zavorrato Emma Bonino. Però non l’hanno fatta decollare visto che, dopo una lunghissima giornata in altalena, anzi sulle «montagne russe» come hanno sottolineato per tutto il giorno al comitato dell’esponente radicale a Bonino, si è vista sorpassare dalla Polverini.
C’è stato, quello sì, l’effetto PdL. L’assenza del simbolo del primo partito italiano dalle schede elettorali della provincia di Roma, com’era facilmente prevedibile, ha fortemente pesato sul voto. La mancata riammissione della lista, assieme alla crescita esponenziale (1’ 11% in più rispetto al 2005), del partito degli astenuti, sono stati i veri alleati dell’esponente radicale. Grazie a loro ha retto il confronto.
Un’amara constatazione che, sia pur a denti stretti e a taccuini chiusi, si registra anche fra gli uomini del comitato elettorale dell’esponente radicale. Difficile negare l’evidenza. Più del Pd, dunque, poteva essere l’assenza del PCL a consegnare la regione Lazio alla sinistra. Ma il salto non c’è stato. Anzi, questa sorta di quasi gol, per dirla nel gergo calcistico, finirà con il dilaniare la sinistra del Lazio, ed al Pd
n particolare, che non ha saputo approfittare di questa occasione.
Eppure, vista l’altalena dei risultata, la sinistra ha gagioneggiato per tutta la giornata consapevole del fatto che soltanto quando l’ultima scheda sarebbe stata scrutinata si poteva parlare di risultato acquisito. Un gigioneggaare sofferto, a tratti amaro, visto che la candidata del centrosinistra è stata sulle «montagne russe», per dirla con Riccardo Milana, coordinatore del comitato elettorale e primo fra i big a commentare i risultati, sia in campagna elettorale sia nella giornata dello spoglio. E così nel quartier generale della candidata del centrosinistra, allestito nel cuore di Trastevere, una volta rione popolare oggi abitato dai radical chic della sinistra, si è cercato di "provare a crederci “. Una prova d’orgoglio, considerato che dietro lo stabile che ospita il comitato c’è la sede del ministero della Salute. Un cuore rosso vicino ad un braccio azzurro del governo Berlusconi.
Ora che l’amaro della sconfitta inizia a scorrere nelle vene degli esponenti dei centrosinistra, fra gli uomini della Bonino c’è chi parla già di «ricorsi e carte bollate». Materia con la quale i radicali hanno grande dimestichezza. E l’altalena dei risultati è il punto di partenza per piantare il seme del dubbio.
Già l’altalena. Un punto sotto la Polverina, un punto e mezzo sopra la Bonino, è stato leit motiv di tutta la campagna elettorale, con i sondaggi costantemente in altalena. Un’ altalena che non si è fermata nemmeno ieri, dimostrando come la periferia, ovvero le quattro provincie del Lazio, siano sempre più distanti dal centro, cioè Roma. Una distanza che, a tratti, è apparsa siderale, tanta era la differenza fra le due candidate. Certo, sul risultato delvoto ha pesato, e questo sarà un motivo di riflessione per entrambi gli schieramenti, il partito degli astenuti, circa il 40% dell’elettorato. Nel Lazio, è andato alle urne il 64,1% degli aventi diritto, contro il 75,3% del 2005. Un calo dell’11% particolarmente significativo, per una regione solitamente affezionata alle consultazioni elettorali. In quella circostanza il centrosinistra vinse le elezioni cori il 50,7% dei voti, portando alla guida della Regione Piero Marrazzo. L’allora governatore uscente, Francesco Storace, ottenne il 47,4%o dei suffragi, mentre Alessandra Mussolini,
con Alternativa sociale, ottenne l’1,9% dei voti. Per qualcuno, quella fu la causa della sconfitta del centrodestra.
Per altri fu solo la vittoria di Walter Veltroni, che scelse e impose alla coalizione di sinistra il giornalista della Rai. Oggi Veltroni non c’è più e il Pd romano è in mano ai feudatari locali. La vittoria della Sonino non sarebbe comunque passata dalle loro mani, ma da quelle del PdL. A loro, invece, sarebbero andati gli interessi, ovvero la spartizione del potere locale. Grazie ad una radicale, che dell’antipartitismo ne ha sempre fatto una bandiera. Anche per questo le regionali del Lazio faranno storia. Storia triste per il Pd.
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