
Il superEcopass capovolge la politica milanese e lancia la prima crociata dei radicali contro un referendum. All'annuncio della raccolta di firme del Pdl per abrogare la congestion charge attraverso una consultazione popolare, infatti, qualcuno si è affrettato a bollare come «illegale» un eventuale chiamata al voto sul pedaggio da 5 euro. Monarchici? Ultrà arancioni di Giuliano Pisapia? Macché, i primi a schierarsi contro un voto popolare sulla congestion charge sono stati i promotori dei cinque referendum ambientalisti della scorsa primavera, le consultazioni «di indirizzo» su mobilità e verde.
Ebbene, tra le anime della vittoriosa corsa al quorum, oltre all'ex assessore al Traffico Edoardo Croci e al Verde Enrico Fedrighini, c'è anche il consigliere radicale Marco Cappato. Ovvero uno dei paladini italiani dell'istituto del referendum, uno dei portavoce più combattivi del diritto dei cittadini a esprimersi attraverso le urne. Dopo aver condotto battaglie per miriadi di referendum, stavolta lo scudiero di Marco Pannella si schiera con decisione contro la possibilità dei milanesi di scegliere con una croce su una scheda il destino della tassa di circolazione all'interno della cerchia dei Bastioni. «I referendum non sono ammessi per materie aventi "analoghe finalità" rispetto alle consultazioni già compiute nell'ultimo triennio» sostiene Cappato. «Se seguiamo alla lettera lo statuto del Comune di Milano, non si può che considerare inammissibile un quesito sulla delibera di Area C».
Tutto ruota intorno alle fatidiche «finalità»: a giugno, il primo quesito «green» chiedeva ai milanesi se era giusto «adottare e realizzare un piano di interventi per potenziare il trasporto pubblico e la mobilità "pulita" alternativa all'auto, attraverso l'estensione a tutti gli autoveicoli (esclusi quelli ad emissioni zero) e l'allargamento progressivo fino alla "cerchia ferroviaria" del sistema di accesso a pagamento». Un quesito consultivo, una proposta, un «indirizzo» appunto. L'offensiva del Pdl, partita venerdì scorso con mille sottoscrizioni raccolte in un'ora e un quarto, punta invece ad abrogare una delibera concreta: niente giri di parole né generiche proposte, qui si tratta di promuovere o bocciare un provvedimento concreto del sindaco. Non a caso si tratta tecnicamente di un «referendum di consultazione successiva» (prevista dall'articolo 12 del Comune), mentre quello ecologico era un quesito di indirizzo (articolo 11). Frena Cappato: «Il regolamento di attuazione comunale, all'articolo 4, esclude che si possa votare un referendum avente le medesime finalità delle consultazioni dell'ultimo triennio. Non viene specificata la tipologia del referendum, quindi la norma va applicata anche nel caso di revoca». L'unico scenario possibile, secondo i radicali, è quello di una bocciatura del collegio dei Garanti del pacchetto di firme. Totalmente opposta la visione del capogruppo Pdl Carlo Masseroli: «Non c'è una "analoga finalità". Noi tocchiamo una delibera specifica, vogliamo abrogare una delibera discriminatoria e iniqua. Il quesito verrà approvato e i cittadini potranno esprimersi». Oltre alla discussione in punta di statuto, c'è anche un nodo politico. «Che paura hanno del voto popolare?» si chiede Masseroli. «Lasciamo che i Garanti facciano il loro mestiere. È assurdo che si voglia bloccare il voto seguendo una logica elitaria». Su un punto, almeno, i due fronti sono d'accordo: la congestion charge di Pisapia non esaurisce le richieste dei referendum ecologisti. «Il Comune deve dare conto a tutti e 5 i quesiti» sottolinea Cappato. «L'Area C non può essere sganciata da un pacchetto di misure complessive come il potenziamento dei mezzi pubblici». Il consigliere radicale, per stimolare la giunta al rispetto delle consultazioni «eco», è in sciopero del voto da settimane. «Da gennaio non garantirò il numero legale in aula finché non si darà piena attuazione ai nostri referendum».
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