
Nel 1993 scoppiò lo scandalo SISDE, relativo alla gestione di fondi riservati. Partita dalla bancarotta fraudolenta di un'agenzia di viaggi i cui titolari erano funzionari del servizio segreto del Viminale, un'inchiesta della magistratura fece emergere fondi neri per circa 14 miliardi di lire depositati a favore di altri 5 funzionari. Ci furono l'intervento del Consiglio Superiore della Magistratura per dissidi fra il magistrato che indagava e il suo procuratore capo, quello della commissione parlamentare d'inchiesta sui servizi segreti, presieduta da Ugo Pecchioli, e quello del ministro dell'Interno Nicola Mancino, e tutti si misero a indagare sull'operato del Servizio mentre a San Marino venivano individuati altri 35 miliardi di uguale sospetta provenienza.
I funzionari fornivano versioni di uso regolare dei fondi riservati. Ma in ottobre uno degli indagati, Riccardo Malpica, ex direttore del servizio ed agli arresti da due giorni, affermò che Mancino e Scalfaro gli avrebbero imposto di mentire; aggiunse inoltre che il SISDE avrebbe versato ai ministri dell'Interno 100 milioni di lire ogni mese.
La sera del 3 novembre 1993 Scalfaro si presentò in televisione, a reti unificate e interrompendo la partita di Coppa Uefa tra il Cagliari e la squadra turca del Trabzonspor, con un messaggio alla nazione nel quale pronunciò l'espressione «Non ci sto» e diede una chiave di lettura dello scandalo come di una rappresaglia della classe politica travolta da Tangentopoli nei suoi confronti. Nei giorni successivi i funzionari furono indagati per il reato di «attentato agli organi costituzionali», accusa dalla quale furono prosciolti nel 1996 per decorrenza dei termini (ma senza formula piena). Nel 1994 i funzionari furono poi condannati, dimostrando la fondatezza della accuse di Scalfaro.
Successivamente l'allora ministro della Giustizia Oliviero Diliberto ricordò che la Procura di Roma aveva comunicato il 3 marzo 1994 che «...nei confronti dell'onorevole Scalfaro non sussiste alcun elemento di fatto dal quale emerga un uso non istituzionale dei fondi». Lo stesso Scalfaro, del resto, nel maggio 1994, durante una visita al santuario di Oropa, aveva ammesso la percezione di tali fondi dicendo: «Sfido chiunque a dimostrare che chi è stato ministro dell'Interno, e non solo io, ha dato una lira fuori dai fini istituzionali».
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