
C'è sicuramente una linea di pensiero che pensa di risolvere i problemi politici dell'opposizione attraverso la decimazione per via giudiziaria della maggioranza, ma la critica verso gli sconclusionati ex-questurini e gli algidi aspiranti Robespierre che la incarnano non può far dimenticare la disinvoltura, diciamo così, con cui la stampa governativa tratta la questione.
Ieri per esempio sul Giornale campeggiava, in una delle pagine interne, il titolo «Pm sbugiardati: fuori dal carcere Bisignani e Papa». Il proverbiale lettore che si ferma ai titoli era autorizzato a pensare a un nuovo caso Tortora moltiplicato per due. In verità nell'articolo, correttamente, si spiegava che il Gip aveva respinto la richiesta di firma per Bisignani e la permanenza in carcere per Papa, proposte dalla Procura. E non si celava il fatto che Bisignani era libero perché aveva patteggiato e Alfonso Papa era pur sempre agli arresti domiciliari, nella casa al Vomero dei sicuramente incolpevoli genitori. Se il patteggiamento, a norma di codice, non è una ammissione di colpevolezza ma solo la scelta di non combattere per la propria innocenza facendo guadagnare tempo alla giustizia in cambio di uno sconto di pena, non resta che prendere atto che il Giornale finisce per avvalorare l'interpretazione, propria di Di Pietro, degli arresti domiciliari come una "liberazione" dell'imputato. La convergenza può non stupire, almeno spiega i paradossi dell'interpretazione politica della giustizia nel nostro paese.
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