
Caro Direttore, vorrei parlare di Marco Pannella: questo Pannella, che si fa crescere i capelli e li chiude come un vecchio hippie in una coda di cavallo che ormai gli tocca il sedere, che quando il tg2 gli concede 90 secondi tutti suoi, chiude con le mani giunte e ammicca orientaleggiante, un po' sciamano, un po' santone indiano; quel Pannella che non sai mai cosa dice, cosa farfuglia: concetti difficili da comprendere, quando gli fanno domande se ne parte per la tangente, ridondante, ripetitivo, logorroico, faticoso da seguire... quante volte accade di sentire questi discorsi? Obiezioni, fatte spesso senza astio, da persone che ti dicono di avere in grande simpatia i radicali, di averli seguiti, approvati, qualche volta (perfino!) votati...
Cosa vuole, dunque, Pannella che ora accende questa polemica con il presidente della Repubblica che - lo dico in modo pedestre - sostiene sia parte attiva del processo di tradimento della Costituzione... Sì, certo, la giustizia, le carceri, tutte cose giuste; ma con tutti i problemi che ci sono, la crisi, il lavoro che manca, i giovani che non trovano occupazione... È una sintesi del banale e dell'ovvio che circola sul conto dei radicali e di Pannella in particolare. Un catalogo di luoghi comuni ciclicamente ripetuti.
A conferma di una antica "maledizione": Pannella e i radicali sono "buoni", "ragionevoli", "accettabili" sempre "ieri", mai "oggi". Solo che "ieri" si diceva esattamente quello che di loro si dice "oggi". E sicuramente "domani" si dirà di Pannella e dei radicali quello che si dice "oggi", e - sempre "domani" - si rimpiangerà quelli che sono "oggi", dimenticando quello che si è detto e scritto.
I radicali "buoni", insomma, sono sempre e solo quelli alla Memoria... C'è chi aveva compreso, capito. Una persona, uno scrittore che ci ha lasciato, sarebbe stato prezioso il suo consiglio, il conforto della sua critica: Leonardo Sciascia. In un articolo scritto oltre vent'anni fa, Sciascia coglieva perfettamente l'essenza, il nocciolo della questione radicale: «Marco Pannella - scriveva - è il solo uomo politico italiano che costantemente dimostri di avere il senso del diritto, della legge, della giustizia. Ce ne saranno altri, ma senza volto e senza voce, immersi e sommersi in partiti la cui sensibilità ai problemi del diritto soltanto si manifesta quando qualche mandato di cattura raggiunge uomini del loro apparato: per il resto, se ne stanno in silenzio; e anzi certi arbitri dell'amministrazione della giustizia, quando toccano altri, di altri partiti, li mettono in conto dell'alacre ed esatto agire dei giudici. Ciò fa parte della vecchia e fondamentale doppiezza della vita italiana: buono e giusto è quel che facciamo noi o di cui noi caviamo comunque vantaggio; cattivo,ingiusto e da punire è la stessa, identica azione fatta dagli altri.
Doppiezza che si può far risalire al cattolicesimo controriformismo e che tirannie, fascismi e antifascismi hanno alimentato e perfezionato».Poi la risposta all'ovvio, al banale che giorno dopo giorno si rovescia su Pannella e i radicali: «Si fa quello che si può: e per richiamare l'attenzione degli italiani su un così grave e pressante problema, Pannella è spesso costretto (lui che, a ben conoscerlo, è uomo di grande eleganza intellettuale) a iniziative che appaiono a volte funambolesche e grossolane. Ma come si fa a vincere quella che si può considerare una congenita insensibilità al diritto degli italiani, se non attraverso la provocazione, l'insulto, lo spettacolo? Si suol dire immagine retorica tra le tante che ci affliggono - che l'Italia è la "culla del diritto", quando evidentemente ne è la bara...».
Queste cose Sciascia non le ha potute pubblicare in Italia, perché non un giornale, tra i tanti che c'erano e ci sono, volle ospitare quest'articolo. Queste cose Sciascia le pubblicò sul quotidiano spagnolo El Pais. Tutto torna. Sciascia pubblicava all'estero quello che pensava di Pannella e dei radicali; Pannella e i radicali oggi come ieri non hanno modo di comunicare, cosicché giustamente ci si può domandare: ma sono impazziti, con le loro accuse al presidente Napolitano?Giorni fa la Rai ha trasmesso un bel film di quella Hollywood di cui, ahinoi, sembra essersi perso lo stampo, il film è in bianco e nero: Vincitori e vinti, di Stanley Kramer. Parla di un processo a Norimberga, a dei giuristi che scelsero di essere complici dei nazisti, ne coprirono le atrocità dando loro una parvenza di legalità. Il difensore di quei criminali, un superbo Maximilian Schell, cerca di convincere il giudice (un altrettanto superbo Spencer Tracy) a non condannarli: hanno obbedito agli ordini; e poi non bisogna umiliare la Germania; c'è la guerra fredda, e contro Stalin i tedeschi, anche i nazisti, possono servire...
Il giudice ascolta, riflette, e dice poi quella che è la frase chiave del film: «E tutto logico. Ma non è giusto». Ecco: in Italia accadono tante cose logiche; e il comportamento del presidente Napolitano è il più logico di tutti. Ma non è giusto. Pannella, come quel giudice, dice: «E logico, ma non è giusto». E come diceva Sciascia, con la nonviolenza ci si batte per il diritto, la legge, la giustizia. E noi siamo pronti a dire, come quel giudice: "È tutto logico, ma non è giusto?".
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