
Immagini, il lettore, che cosa significa ammalarsi di Sla: significa conservare una mente lucida ed essere consapevoli che si è condannati a una morte lenta. Perché contro la Sclerosi laterale amiotrofica non c’è speranza perché la scienza ancora non ha trovato rimedio; significa che il corpo giorno dopo giorno ti diventa un qualcosa di estraneo, che ti abbandona, ti rende penoso anche svolgere funzioni elementari: per poterti lavare, accudire, vestire hai bisogno di qualcuno e da qualcuno sempre più dipendi, 24 ore su 24. La famiglia, certo, è essenziale. Ma le famiglie non possono essere abbandonate - come oggi sono - a se stesse. I malati e le famiglie hanno necessità, bisogno di aiuto: psicologico e concreto. Un aiuto che è un diritto avere, un dovere assicurare. Un diritto-dovere che viene negato perché lo Stato nelle sue articolazioni garantisce appena qualche ora la settimana; e per il resto, ognuno si arrangi come può.
Raffaele Pennacchio, morto l’altra sera in un albergo romano, malato di Sla, lottava come tanti altri nella sua condizione, per l’affermazione e il riconoscimento di questo diritto e dovere. Lui, gli altri, le loro famiglie, lottano in maniera pacifica, non violenta. Per questo non fanno «notizia». Raffaele aveva partecipato al presidio sotto il ministero dell’Economia, ed era reduce dall’incontro con il vice-ministro delle Politiche sociali e del Lavoro Cecilia Guerra, e il sottosegretario alla Salute Paolo Fadda. Quello che si chiede è qualcosa di normale eppure di «straordinario»: che sia garantita assistenza domiciliare ai disabili gravi e gravissimi che hanno diritto a restare a casa con dignità e a cure amorevoli. E questo riguarda i cosiddetti «Livelli essenziali di assistenza» che da oltre dieci anni attendono di essere aggiornati.
Nella passata legislatura, da componente della commissione Affari Sociali di Montecitorio, ho dedicato buona parte del mio tempo in manifestazioni, digiuni, iniziative parlamentari. Ogni volta ricevevo tanti attestati di solidarietà, di sostegno verbale, promesse e assicurazioni. Cinque anni sono passati così: il ministro della Salute di turno garantiva che la cosa era all’ordine del giorno, poi immancabilmente tutto si arenava. Cambiavano i presidenti del Consiglio, i ministri della Salute e dell’Economia, ma niente: a tutto si trovava modo di garantire «copertura» meno che ai Lea. Eppure basterebbe davvero poco. Basterebbe una autentica volontà politica e uno stanziamento di risorse piuttosto modesto. Basterebbe, ma nonostante le assicurazioni, le promesse, un ordine del giorno approvato di cui sono stata prima firmataria che impegnava il governo in questo senso, ancora non si è fatto nulla. Neppure una pur sollecitata indagine conoscitiva per sapere le esatte dimensioni del problema si è fatta, si è voluta fare. E ora Raffaele Pennacchio è morto. Fino a quando la politica (ma anche chi dovrebbe assicurare informazione) continuerà a restare indifferente e immobile di fronte a queste tragedie?
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