
Nicola Zingaretti, finora il più accreditato per la presidenza della Regione Lazio, diventa il ”king maker” del nuovo candidato. Quello che gli ha affidato il Pd, infatti, è un mandato esplorativo ben diverso da quello di Francesco Boccia in Puglia, che sta sondando le disponibilità delle forze politiche sul suo nome e che ha già incassato l’appoggio dell’Udc. Per la partita laziale, invece, Casini non si è pronunciato. I segnali però sono negativi per il centrosinistra. Zingaretti sta già avviando le consultazioni, ma teme che, alla fine, i centristi si faranno convincere dalla Polverini, per la quale spinge Gianfranco Fini. Un quadro quello delle regionali che potrebbe avere sviluppi a livello nazionale, di qui a tre anni, quando si giocherà la partita delle politiche con alleanze che potrebbero essere diverse dalle attuali.
Il presidente della Provincia, perciò, gioca un ruolo tutto politico. Ha detto e ripetuto di non volersi candidare alla presidenza del Lazio. «Voglio portare a termine il mio mandato alla guida della Provincia di Roma e poi non ci sono le condizioni politiche per una mia candidatura», sottolineava prima di Natale. E quelle condizioni erano, in sostanza, il raggiungimento di due obiettivi: l’assoluta unità del Pd e l’allargamento della coalizione di centrosinistra che governa il Lazio. Il che significava l’ingresso dell’Udc e di altri soggetti nell’alleanza. Cosa che sembrava a portata di mano fino a pochi giorni fa, a patto che Zingaretti scendesse in campo. Ma i dubbi del giovane presidente della Provincia di Roma anzichè diminuire, aumentavano di giorno in giorno. Soprattutto perchè, mentre i centristi lo corteggiavano, non tutto il suo partito pareva disposto a sostenerlo davvero. Anzi, il Pd era divorato dai dubbi e diviso. Per questo, alla fine dell’anno, Nicola ha deciso di tirarsi definitivamente indietro.
«Voglio restare alla guida dell’amministrazione, fino al termine del mandato consegnatomi dagli elettori», assicurava a fine anno ai dipendenti della Provincia. Dopo di che, Zingaretti sarà libero di pensare al suo futuro. Che, a quanto si sussurra, porta dritto al Campidoglio e alla sfida con il sindaco di Roma, Gianni Alemanno nel 2013. Ma per questo è fondamentale un successo nella scelta del candidato per il Lazio. Emma Bonino potrebbe essere una vera trovata politica. Tutta da verificare, certo. Ma il suo nome si è sentito spesso nei colloqui tra i big del centrosinistra. Pierluigi Bersani ha sempre valutato l’ipotesi di mettere in campo una sfida tra donne. E lo stesso faceva D’Alema, da sempre grande sostenitore dell’ex commissaria europea ed ex ministro. Goffredo Bettini ha provato a lanciarla. I Popolari, sulle prime, hanno espresso qualche dubbio, ma poi hanno dato il via libera. Ora, la candidatura della Bonino, ufficializzata dai Radicali, ha accelerato i tempi. Non è detto che il percorso sia facile, ma se non altro il suo nome potrebbe aver sbloccato i veti e i controveti all’interno del Pd. L’ex ministro, Giuseppe Fioroni, per dire, ha subito sposato l’idea della segreteria regionale e di quella nazionale di affidare a Nicola Zingaretti, «un mandato esplorativo per accertare le condizioni politico programmatiche e la candidatura più idonee e coerenti per costruire una nuova e larga alleanza per le elezioni regionali nel Lazio». E non è contrario alla corsa della Bonino. E Zingaretti ha subito avvertito di voler cercare la candidatura giusta «anche al di fuori del partito». D’altronde, rifletteva il presidente della Provincia con i suoi, «la Bonino è un nome sicuramente molto autorevole, è una garanzia per i riformisti e potrebbe attrarre gran parte delle forze produttive e associative del territorio, creando un grande effetto novità».
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