
03/09/10
La Discussione
Non se ne sentiva il bisogno. Eppure è ritornato a cavallo fra agosto e settembre. È l'annoso dibattito sulla legge elettorale: è tempo di cambiare il cosiddetto "porcellum" (il copyright è del politologo Giovanni Sartori, ndr), la norma scritta da Roberto Calderoli datata 2005 che ha mandato in soffitta le preferenze? Quali, modifiche potrebbero essere fatte? E quale sarebbe l'orientamento dei partiti?
A dare il "la" alla discussione è stato un gruppo di intellettuali ed esponenti del mondo della politica (che comprende tanto l'esponente liberale del Pdl Antonio Martino quanto il radicale Marco Pannella), che ha lanciato un appello dalle colonne del Corriere della sera con l'obiettivo, di ottenere in particolare due obietti vi: una riforma «effettiva, durevole e orientata nel senso del collegio uninominale» e che conferisca al cittadino che si reca alle urne «il pieno potere e la piena responsabilità di scegliere il' governo e gli eletti, assicurando un rapporto personale efficace dell'eletto con chi lo elegge». Non più, dunque, un Parlamento composto da nominati bensì una classe dirigente espressione reale delle inclinazioni della popolazione.
La norma Calderoli, varata con il "sì" dell'allora maggioranza di centrodestra inclusa l'Udc e che vide la netta opposizione del centrosinistra, ha modificato precedente meccanismo misto, per 3/4 a ripartizione maggioritaria dei seggi, in favore di un sistema proporzionale corretto, a coalizione, con premio di maggioranza ed elezione di più parlamentari contemporaneamente in collegi estesi, senza possibilità di indicare,preferenze.
Quando la legge era ancora fresca di approvazione, però, fu il suo stesso padre, l'esponente leghista che adesso riveste il ruolo di ministro della Semplificazione normativa nel governo di Silvio Berlusconi, a bollarla come «una porcata».
Una «porcata» che è, però, diventata il sistema con cui gli italiani si sono già confrontati due volte (nel 2006 con la risicata vittoria di Romano Prodi e dell'Unione e due anni fa con il successo del centrodestra berlusconiano). E che, tutto sommato, nessuno o quasi vuole cambiare. Prova ne è che nel Pdl in molti si sono affrettati a spegnere gli entusiasmi riformatori. Per Gaetano Quagliariello, numero due dei senatori del centrodestra, «l'appello a favore dell'uninominale è un grimaldello per favorire la restaurazione. Temo il vero scopo sia quello di togliere agli elettori il potere di indicare la coalizione che dovrà governare il Paese e quindi il premier che la deve guidare, il rischio è che si torni al passato con i cittadini che non contano più visto che gli accordi si fanno dopo il voto». Il rischio del ribaltone, infatti, potrebbe essere la vera spada di Damocle di un'inversione di marcia del meccanismo di voto. A dirlo senza alcun timore è la Lega Nord, con Umberto Bossi che osserva serafico: «La legge elettorale è perfetta e non si può tornare al passato quando gli accordi si facevano dopo il voto». E il Senatùr lancia anche un fendente all'opposizione: «Il Pd non vince le elezioni non per la legge elettorale, ma perché la gente ,non lo vuole».
Ma il Pd, in questo dibattito che posizione prende? Non una posizione unitaria, c'era da aspettarselo. Se, infatti, Massimo D'Alema, in un'intervista a Repubblica sostiene che il modello di riferimento potrebbe essere quello tedesco. perché «l'idea malsana ,e malintesa di bipolarismo che abbiamo cullato e costruito n questi anni ci ha portato a un sistema che fa comodo solo a Berlusconi, che col 38 per cento dei consensi può farsi eleggere al Quirinale, e chiudere i giochi per sempre», nel suo stesso partito soffia un vento contrario. Fra i niet spicca quello di Rosy Bindi, presidente dei democratici, che osteggia la «politica delle mani libere», in cui dopo l'esito della consultazione si potrebbero formare alleanze contrarie al volere della gente. E, sullo sfondo, rimane un terreno comune a destra e a sinistra: i vertici dei partiti vogliono continuare a decidere i nomi dei futuri deputati e senatori. Così, il discorso sulla legge elettorale rimane un esercizio balneare, che in pochi giorni verrà accantonato.
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