
È una vicenda che ci siamo un po' tutti scrollati di dosso, complice anche la incredibile quantità di eventi che si succedono a cadenza quotidiana. Però, e nonostante, un momento di riflessione conviene comunque conquistarselo.
Sembra un tempo siderale, ed invece non sono passati neanche due mesi, da quando il cinquantenne Gianluca Casseri freddava due senegalesi in un mercato a Firenze, e poi a sua volta si toglieva la vita. Se si vanno a rivedere le cronache di quei giorni, l'episodio è stato rubricato a cavallo tra lo scoppio violento di follia (e che Casseri fosse mentalmente spostato non è in discussione), e il razzismo. Perché Casseri non ha sparato, a caso, sui primi incontrati. Ha ucciso volendoli uccidere due senegalesi; e poi c'è quel suo passato che senza voler criminalizzare nessuno - ha costituito, piaccia o non piaccia, il cosiddetto brodo di coltura.
Per esempio: le opere, le opinioni, la visione del mondo del killer di Firenze hanno trovato cittadinanza dentro e fuori la rete; certamente Casseri era un pazzo. Peccato che fino a oggi quel pazzo frequentasse con passione tutti gli snodi neri della rete in cui si annidano il culto dell'estrema destra, l'antisemitismo, il revisionismo. Tanto che sugli stessi siti gli internauti frequentatori abituali lo hanno indicato non solo come un "eroe" ma come un "intellettuale".
E si tratta di questioni e di cosa su cui forse sarebbe necessaria una riflessione più profonda e meno "flash" di quella che c'è stata. Perché quello della responsabilità morale è un terreno infido e scivoloso, un sentiero che non si sa mai dove può condurre; però, senza additare e colpevolizzare nessuno, una domanda, degli interrogativi su quello che è accaduto, il perché e che cosa l'abbia potuto favorire, sarebbe comunque bene farsela.
Anche perché, per una di quelle curiose coincidenze che ogni tanto si verificano, in quelle ore della strage il Partito radicale nonviolento transnazionale e transpartito eleggeva quale suo segretario un signore piuttosto singolare: un ex deputato del Mali, paese repubblica di quell'Africa colpevolmente ignorata di cui i più non sapranno neppure quale sia la capitale, e che non fa mai "notizia"; questo signore, con la pelle color dell'ebano, avvocato di professione, difensore di mille e una causa per i diritti civili, musulmano credente e praticante, e fautore di un Islam tollerante dei diritti di tutti e di ciascuno.
Questo signore si chiama Demba Traoré, e anche se la mia descrizione è sommaria, contiene già tutti gli elementi di curiosità giornalistica; e dev'essere per questo che in tutto questo tempo nessuno si è posto la domanda: che diavolo ci fa un avvocato nero del Mali, musulmano credente e praticante segretario dei Radicali; e perché mai i Radicali sono andati a prendere, per loro segretario proprio Demba Traoré? E d'accordo: i Radicali sono per costituzione e vocazione tipi bizzarri: si sono scelti per primi una segretaria donna (Adelaide Aglietta), un segretario straniero (Jean Fabre), un altro segretario obiettore di coscienza integrale (il belga Olivier Dupuis). C'è insomma una tradizione, se Demba Traoré è una bizzarria, viene da lontano.
Ma non è tanto della bizzarria, vera o presunta che sia, che qui si segnala. Piuttosto del suo significato politico, del "messaggio" che Demba Traoré rappresenta e incarna. Poi certo, a questa si potrebbero aggiungere altre riflessioni: a dispetto di tutti coloro che scimmiottano la parola d'ordine della "rottamazione" per sopraggiunti limiti d'età, questo partito elegge quale suo presidente un signore, Sergio Stanzani, che si avvia a fare concorrenza a Matusalemme. E l'orizzonte dei suoi iscritti si snoda in 45 paesi, dalla Mongolia al Sud Africa; consente - e prevede la doppia tessera, e altre "bizzarrie" che però ci porterebbero lontano, a riflessioni "altre" da quella che si vuole suggerire ora. Che è, per l'appunto un segretario che viene dall'Africa; è può costituire un utile contravveleno a quello che rappresenta e incarna Gianluca Casseri, ma anche le scempiaggini della Lega con le sue parole d'ordine fatte di intolleranza e razzismo. Insomma da e con Demba Traoré viene un messaggio di nonviolenza e di rispetto, di pace e di tolleranza. Parlarne, ragionarci sarebbe forse utile, necessario, opportuno. Dite che è poco?
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