
Si parla, si discute, si analizza. Ma il sentimento dominante - almeno il mio - rimane di inadeguatezza. Qualunque analisi, qualunque ricerca sugli scandali sessuali che hanno investito in questi mesi la politica e sugli uomini che ne sono stati al centro mi pare insufficiente. Ci si avvicina al problema, ma poi non lo si coglie a pieno. Qualcosa sfugge sempre e l’insieme appare inafferrabile.
Non convince chi dice che quanto avviene è inerente alla sfera personale, che con la politica non c’entra niente e che ciò a cui stiamo assistendo accade solo perché si è rotto quel benefico argine che c’era fra il personale e il politico. Certo la vita personale deve essere tutelata, ma siamo davvero così sicuri che non debba valere niente nel giudizio politico? Ci fideremmo senza esitazioni di un politico che appare impeccabile nelle sue attività e poi a casa picchia la moglie?
Ma è anche vero che l’attenzione alla persona ha portato a frequenti violazioni della sfera più intima di chi ha un ruolo pubblico, sfera che va rispettata e preservata come quella di qualunque cittadino e che non può essere messa alla berlina o sotto gli occhi dei riflettori in nome della funzione politica.
Non convince chi dice che quegli scandali sono la conseguenza normale e naturale di una liberalizzazione dei costumi che data agli anni Sessanta. Non convince perché in queste vicende c’è qualcosa di antico che non appartiene quindi solo alla modernità: il senso di onnipotenza del potere che impedisce i freni inibitori, la concezione della sessualità come merce. Analisi parziali. Si può parlare, ad esempio, in queste ultime vicende dell’uso del corpo della donna contro cui tuonano femministe e intellettuali? Di quell’uso sono responsabili solo gli uomini di potere oppure esso è oggi consapevolmente praticato da molte donne che vedono nella loro bellezza, nel loro corpo uno strumento in più per arrivare e per affermarsi? Donne che approfittano della sessualità maschile, del desiderio di potere degli uomini per esercitare una loro idea di libertà? Libertà senza consapevolezza certo, ma pure sempre libertà, diversa dalla subalternità di chi si assoggettava al potere maschile perché non poteva fare diversamente.
Si possono ridurre tutti i complessi fenomeni a cui stiamo assistendo alla sfera della lotta politica, magari strumentalizzandoli da una parte o dall’altra, senza accorgerci che indicano sommovimenti più profondi, cambiamenti nelle coscienze, dei rapporti fra gli umani. Insomma riguardano prima che la sfera della politica quella della civiltà e della convivenza. Confusione, dunque, e inadeguatezza.
La mia parziale e personale conclusione è che è finito il tempo della sacralità della politica. Della politica intesa come sfera del meglio, come luogo in cui gli uomini davano la parte migliore di sé. Non certamente quella in cui c’erano gli uomini migliori. La selezione della rappresentanza anche quando è stata attenta, magari settaria e feroce non ha mai potuto evitare che uomini non integerrimi occupassero posti di potere. E tuttavia la politica era il luogo nel quale per convenzione e accettazione unanime si abbandonavano le inclinazioni, le passioni, i vizi e le tentazioni del privato. In questo modo si manteneva un’idea del bene e del meglio valida per tutta la società.
L’impressione è che gli scandali sessuali che riguardano i politici aprano una fase nuova nella quale non solo si è rotto l’argine fra pubblico e privato ma è crollata l’idea della politica come luogo sacro, tempio, in cui i sacerdoti, anche quando sono peccatori, si spogliano delle loro colpe e lavorano per il bene della collettività, in cui i rappresentanti del popolo mettono la parte migliore di sé e sono eletti perché di quella si tiene conto. L’altra parte, quella peggiore c’era, ma rimaneva fuori dalla porta del tempio, non lo contaminava.
Certo la sacralità della politica ha vacillato molte altre volte. È apparsa in pericolo con Tangentopoli, ma alla fine è stata salvata. Vent’anni fa si è constatata la debolezza della costruzione di un tempio che aveva i suoi pilastri nei poteri politico, economico e giudiziario. Il furto e la corruzione hanno evidenziato un rapporto malato fra politica ed economia e una fragilità dello Stato di diritto che non ha mantenuto né le sue garanzie né la sua autonomia. Il tempio ha subito una scossa, qua e là sono rimaste per terra alcune macerie, ma la sacralità del luogo è rimasta intatta. Si è dissolta la Prima Repubblica, ma è stata sostituita, piuttosto velocemente. Altri sacerdoti sono entrati al posto degli estromessi, per continuare a esercitare il culto, per rappresentare il meglio di chi li aveva eletti e il meglio di loro stessi nella pratica della politica. Oggi il meccanismo si è inceppato. Il tempio rimane in piedi, ma quel che i politici non riescono più a mantenere non è la loro integrità personale, ma la garanzia che le loro mancanze non entreranno nel tempio, non contamineranno il sacro. Il tempio è stato inquinato, la sacralità cancellata.
Non me ne dispero. Quella sacralità non mi apparteneva e non apparteneva alle donne. Era tutta maschile. Apparteneva agli uomini il potere esercitato attraverso quella ritualità e le forme di quelle celebrazioni. Tutto nel tempio era costruito da loro e per loro. La stessa democrazia è rimasta non del tutto, ma in gran parte, interna ai rapporti del sesso maschile. Forse è la migliore forma di organizzazione sociale possibile, ma convinti e convinte di questo, non abbiamo mai provato ad andare avanti, a superare i suoi limiti. L’alternativa è sempre stata fra il potere di un uomo (le forme dittatoriali) e quello di più uomini che hanno fatto un patto fra di loro e hanno salvaguardato le modalità e la trasmissione del potere. Certo all’interno del potere maschile c’è stato conflitto. Quello di classe è stato ed è il più importante. Ma oltre non siamo andati. Per questo non mi dispiace che quella sacralità sia crollata. Perché mi pare che da un po’ di tempo gli uomini abbiano anche esagerato. Hanno preteso di far credere che il tempio fosse sacro mentre al suo interno si commettevano le peggiori nefandezze. E hanno tentato di dirci che tutto andava bene solo perché i riti ufficiali erano più o meno rispettati.
Poi la separazione che garantiva quella sacralità è finita. Si è dissolta la frontiera certa fra privato e pubblico, fra personale e politico. Fra il mondo delle donne, governato e diretto da loro e quello degli uomini che gestivano la cosa pubblica. Ma quella separazione non è finita come molte donne si auguravano. Avevamo immaginato di arrivare al potere e di modificarlo in un conflitto anche feroce ma dai confini certi e governabili, nel quale gli sconvolgimenti sarebbero stati molti ma arricchenti e fecondi. Invece la differenza femminile non è arrivata nel tempio della politica nelle sue forme migliori aggiungendo sacralità a sacralità e rendendo la prima finalmente completa. Ha portato disordine, non armonia, rottura non ricchezza, ha messo in evidenza la falsità delle vecchie regole, ma non ne ha proposte di nuove.
Il privato è entrato nel pubblico con l’invadenza della sessualità maschile e con la prepotenza di una libertà femminile priva di consapevolezza e pronta a tutto per affermarsi. Con i volti delle veline e delle escort, con un rinnovato scambio fra sesso e potere che non si svolge più in appartamenti privati, ma nei palazzi del governo, con l’irruzione di sessualità segrete e negate perché condannate dal perbenismo sociale. Con i ricatti e le bugie. Con l’abuso del potere e con la vergogna. Con lo squallore e con l’ipocrisia. Con il moralismo e la lotta politica faziosa. Con la fine della vita privata, dice qualcuno con rimpianto. Qualcun altro, con altrettanto rimpianto, lamenta l’esaurimento di quella pubblica. Non sarebbe meglio - altri aggiungono - ridurre tutto a una “questione di pantaloni”? E mettere polvere e spazzatura sotto il tappeto? Non è più possibile. Il sistema si è rotto.
Il fatto grave è che della dimensione di quello che sta accadendo attorno a noi c’è un gran vociare, ma poca consapevolezza, anche da parte delle donne. Che non vedono il disperato bisogno che gli uomini hanno dell’altro sesso. Che li spinge a circondarsi dei corpi femminili, e anche dei loro travestimenti, a richiederli a pagamento, a cercarli continuamente come specchio rassicurante delle loro imprese. Tanto più falliscono nella vita pubblica, tanto più è manifesta l’incapacità di guidare il mondo, tanto più cercano rassicurazione nell’altro sesso. E non si accorgono che queste rassicurazioni vengono date per interesse, perché sono un modo più semplice di altri per andare avanti e affermarsi in un mondo che finora le ha escluse. Non più per convinzione o dedizione.
Si protesta contro il rapporto strumentale con l’immagine del corpo femminile, ma anche quel rapporto è cambiato. In un mondo in cui la nudità è mostrata, esibita e ostentata l’attrazione non è più la stessa, il disvelamento non ha lo stesso fascino, l’interesse non muove dalla stessa ragione. Appare motivato dal rimpianto più che da una vera pulsione, dalla ricerca di una riconferma più che da una sorpresa. Domina in quell’interesse la nostalgia per l’uomo che fu, che si turbava e sognava un possesso. E il desiderio di una conferma: il corpo femminile è ancora disponibile. Anche se solo su una copertina.
Non fanno pena questi uomini con il loro squallore e la loro vergogna e il loro arrampicarsi sugli specchi per difendere una sacralità del pubblico che hanno distrutto e un’intimità del privato al quale non hanno dato alcun valore, sicuri che altro era quello che contava e per altro loro valevano. Ma non sono neppure da sopravvalutare. Anche quando ostentano ferocia, spregiudicatezza, potere. Anche quando colpiscono è evidente ormai che quella sacralità che finora li aveva difesi si è dissolta.
Quanto alle donne è triste vederle divise in due categorie. Quelle che usano e fanno usare spregiudicatamente il loro corpo mostrando una libertà priva di consapevolezza e tesa solo ad ottenere dagli uomini un posto nel mondo. Le altre le rimproverano e si lamentano. E rimproverano gli uomini perché usano delle creature deboli e fragili per il loro piacere. In tutto questo c’è molta falsità e un pizzico di ipocrisia. È comodo guardare al mondo come se fosse quello di qualche decennio fa. In questo modo non ci si prende alcuna responsabilità. Una responsabilità che oggi è soprattutto delle donne. Gli uomini hanno già perso.
© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati