
Arriva una condanna dall’Europa per gli aberranti pestaggi che subirono circa trenta detenuti del carcere di San Sebastiano nel 2000. Alcuni di loro nel frattempo sono deceduti senza avere giustizia. Oggi, grazie al ricorso presentato dai legali del detenuto Valentino Saba, emergono due dati importanti: le condanne ridicole per gli agenti autori del reato, e sette prescrizioni per decorrenza dei termini, tra chi scelse di farsi processare con il rito ordinario. Si trattò di una vera e propria macelleria umana compiuta ai danni di persone indifese che non solo furono umiliate psicologicamente, ma ben più torturate brutalmente anche fisicamente. Basta rileggersi gli articoli usciti nei quotidiani locali di quei giorni per capire di che cosa si sta parlando, per non parlare di quanto ancor prima di allora i nostri legislatori avrebbero dovuto fare: introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura.
La Convenzione Onu contro la tortura e altre pene e trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1984 è stata ratificata dall’Italia nel 1988. Prevede espressamente che gli Stati introducano e sanzionino specificamente il reato di tortura così come è descritto, ma questo non è ancora successo nel nostro Paese. Ma se pure non fosse mai accaduta una simile barbarie come quella del pestaggio di San Sebastiano, a nostro modo di vedere tutti coloro che son stati detenuti in quel carcere dovrebbero essere oggi risarciti per aver vissuto in quell’infame struttura. Per quanto ancora l’Italia dovrà continuare ad essere una vergogna europea in termini di diritti umani e di giustizia?
E perché mai l’Italia, anziché prevedere misure urgenti per deflazionare carceri e tribunali e porre fine immediatamente alla tortura del sovraffollamento preferisce invece ritenere di poter rimborsare questa tortura stabilendone un prezzo oltremodo vergognoso? Dal 28 giugno scorso, i detenuti che hanno subito atti di tortura, pene o trattamenti inumani o degradanti per più di 15 giorni, potranno usufruire di una riduzione della pena pari al 10% del periodo di maltrattamento. Per coloro, invece, a cui non potrà essere applicato lo sconto (o perché il maltrattamento è inferiore a 15 giorni oppure il periodo di pena ancora da scontare non è tale da consentire l’applicazione della misura risarcitoria) il magistrato liquiderà al detenuto "una somma di denaro in una misura che viene forfetariamente fissata in 8 euro per ogni giornata" di maltrattamento in carcere.
Questo è quanto prevede il Decreto carceri predisposto a seguito del pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo che con la sentenza dell’8 gennaio 2013 (sentenza pilota Torreggiani e altri) ha accertato la violazione, da parte dell’Italia, dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sotto la rubrica "proibizione della tortura" pone il divieto di pene disumane per colpa del sovraffollamento nelle carceri. Ma quanti risarcimenti ancora dovrà pagare lo Stato (con i soldi di tutti i cittadini, quindi) per l’ipocrisia dei legislatori? Nei giorni scorsi, il professor Emilio Santoro, docente di Teoria e storia del diritto dell’Universita’ di Firenze mette in guardia: la nuova possibile condanna potrebbe riguardare il lavoro tra le mura dei penitenziari: sottopagato e legato a minimi di oltre 20 anni fa e in netto contrasto con la giurisprudenza europea secondo cui le violazioni riguarderebbero praticamente tutti i detenuti che lavorano in carcere: circa 25 mila persone.
La lista delle possibili condanne si fa lunghissima. C’è chi paventa altre possibili condanne per i circa 40 bambini che vivono ancora oggi in regime di detenzione. Non sarà sfuggito ad alcuni lettori il caso del bambino di quasi 7 anni rinchiuso nel carcere fiorentino di Sollicciano, in totale contrasto con quanto stabilito dall’ordinamento penitenziario. Ma neanche questo argomento, che finora pareva aver toccato la sensibilità di tanti legislatori a partire dai vari Ministri della Giustizia che per anni han portato avanti il mantra del "Mai più bambini in carcere", ha portato la politica a varare soluzioni coraggiose e risolutive. A denunciare lo stato di illegalità, la condizione criminale a cui sono sottoposti uomini e donne rimangono gli addetti ai lavori, le associazioni, e i Radicali. Non è un caso se, da alcuni giorni, la Segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini ha intrapreso l’ennesimo sciopero della fame per chiedere allo Stato italiano di fermarsi, di legiferare e di smettere di torturare.
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