
05/01/11
Secolo d'Italia
Quando si parla di circo tornano alla mente i ricordi d’infanzia, l’odore di segatura, il timbro squillante degli ottoni, il rullo dei tamburi, i numeri che ci tenevano in ansia. Come pure è inevitabile la rievocazione di atmosfere cinematografiche dei film di Fellini e Wenders tra poesia e malinconia. Al di là, però, dell’aura magica e del fascino esercitato da una vita costantemente esposta al rischio, all’incertezza, metafora della condizione esistenziale, sempre in bilico tra l’ascesa e la caduta, il circo è anche emblema di sofferenza, violenza, brutalità, sopraffazione antropocentrica. Qualcuno può rimanere affascinato dagli spettacoli con scimmie, tigri, leoni, elefanti, cavalli, ippopotami. Ma solo se non conosce la penosa realtà che si nasconde dietro le quinte. Le tigri, i leoni e le altre specie che si incontrano provengono perlopiù da esemplari in cattività. Tutti vivono in angusti spazi delimitati da sbarre, in stretti recinti e legati a catene.
Un circo di medie dimensioni può occupare un’area tra i tremila e i cinquemila metri quadrati (roulotte, tendone e camion compresi) e ospitare fino a centocinquanta animali. È inevitabile che in una superficie tanto esigua un grande felino si ritrovi in un contenitore metallico di tre metri quadrati, che l’elefante sia ancorato a due cortissime catene senza possibilità di muoversi nei quindici metri quadrati previsti dai parametri per il corretto mantenimento. Le condizioni igieniche e di soggiorno risultano, quindi, del tutto insufficienti. Si sa, ad esempio, che le tigri in natura sono felini solitari che comunicano con tracce odorose, lasciate in punti particolari del loro territorio che può raggiungere centinaia di chilometri quadrati. Mangiano quando sono affamate e sono in grado di stare giorni senza alimentarsi. Recluse nelle strutture circensi, sono invece costrette a stare in pochissimi metri quadrati di superficie, a volte in gruppi di dieci/quindici, nutrite sempre allo stesso orario. La prigionia produce, inoltre, movimenti stereotipati, ripetitivi, sintomo di grande stress. I controlli sulla realizzazione di ambienti o spazi detentivi rispondenti alle norme non avvengono con frequenza tale da far cambiare le abitudini dei gestori di circhi, i quali continuano, pertanto, a risparmiare spazio, indisturbati, e a trasportare gli animali in condizioni disagevoli.
Gli spostamenti sono traumatici. Rinchiusi in tre o quattro in un’unica gabbia, gli animali sono portati su camion non ventilati persino quando la temperatura raggiunge gradi elevati. Le loro gabbie non vengono pulite fino all’arrivo. Mangiano e dormono nei loro escrementi. E non basta. La quasi totalità dei circhi, non accontentandosi di lucrare sugli animali facendoli esibire sotto il tendone, ricava denaro dalla loro esposizione in improvvisati zoo. E tutto, ovviamente, contravvenendo ai principi del benessere animale. Dal 2005 esiste una legge sugli zoo la quale è già stata sostanzialmente manomessa per ben due volte, a tutto vantaggio persino dei più tremendi serragli. Poco o nulla esiste sui circhi. Una vecchia legge del 1968, unitamente ai più volte rimaneggiati criteri sul corretto mantenimento di talune specie di animali, garantisce agli zoo ambulanti una vergognosa impunità. Praticamente inesistenti sono poi quegli interventi che dovrebbero migliorare, per quanto possibile, le condizioni di detenzione dei così detti animali esotici, oggetto a tutt’oggi di un florido mercato internazionale che andrebbe per sempre eliminato.
E vogliamo parlare di come avvengono e in cosa consistono gli "addestramenti"? Dapprima si incute nella povera bestia terrore per alcuni oggetti specifici, come fruste o attrezzi chiamati bullhook, bastoni d’acciaio alla cui estremità è fissata una punta ricurva con cui viene colpita o strattonata. Spesso l’animale viene percosso ancora prima di sapere che cosa deve imparare per creare in lui timore nei confronti dell’ "addestratore" e renderlo così più docile e disposto a fare qualsiasi cosa. Diversi comportamenti sono quasi impossibili da attuare per alcune specie. Ed ecco allora altre percosse, intimidazioni, privazioni (come quella del cibo), torture. Gli elefanti (che, tra l’altro, vengono "puliti" in modo brutale, colpiti continuamente e bloccati per consentire la depilazione per mezzo di una fiamma ossidrica passata sul loro corpo) sono indotti, ad esempio, ad agire con pungoli elettrici e uncini. I grandi felini sono invece abituati a temere la frusta e i bastoni. Il solo schioccare dello scudiscio o la vista di un bastone bastano a ricordare quali punizioni rischiano se non effettuano l’esercizio nei modi e nei tempi imposti.
Dal Fondo Unico dello Spettacolo, strumento finanziario per sostenere le attività del cinema e degli spettacoli dal vivo. Per il 2010 lo stanziamento riservato ai circhi supera i sei milioni di euro. Alle notevoli somme di denaro devolute non corrisponde un’azione di controllo efficace ad inibire seriamente casi di maltrattamento nonché l’acquisizione e l’impiego di animali appartenenti a specie protette ed esotiche.
Di qui la necessità di una nuova legge. Da tre anni giacciono alla Camera proposte, come quelle della radicale Elisabetta Zamparutti, finalizzate alla dismissione del ricorso ad animali negli spettacoli circensi. Anche al Senato sono stati presentati, in merito, specifici atti. È ora che si affermi una nuova sensibilità insieme alla consapevolezza che nessuna specie può arrogantemente disporre a proprio piacimento di un’altra. Con buona pace del vecchio, logoro, fallace antropocentrismo.
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