
25/08/10
Il Messaggero
E quattro. Con la scesa in campo a piedi uniti di Valter Veltroni, sono al momento ben quattro i candidati premier del centrosinistra a ipotetiche primarie per la leadership di palazzo Chigi. Il tema, per carità, è più che acerbo, è vero quel che tutti ripetono non essere al momento all'ordine del giorno, ma si sa come vanno queste cose, chi sul serio ci punta scalda i motori per tempo, predispone argomenti e truppe, si fa vedere, si fa intervistare, lancia slogan, programmi, delinea prospettive.
E dunque: c'è il segretario Bersani, più che auto candidatosi in verità lanciato e proposto da altri (Marini, la Bindi); c'è Sergio Chiamparino sindaco di Torino in scadenza che si è candidato; c'è Nicki Vendola che da quel dì ha lanciato l'Opa semi-ostile sul Pd annunciando che vuol correre alle primarie; e adesso c'è Veltroni («a tutti i leader giovani e stato concesso un bis», ama ricordare spesso), ultimo a essere citato ma presumibilmente primo senza rivali ove mai le primarie si tenessero davvero (dubbi e sospetti circolano a piene mani, e poi il Pd potrebbe permettersi una lotta fratricida tutta interna a tre suoi massimi dirigenti?).
«Le primarie hanno stufato», chiosa Massimo Cacciaci che pure non disdegna un Pd che riscopra la prospettiva ulivista e non punti più di tanto a imbarcare l'Udcdi Casini e men che meno il Fli di Fini, «loro è meglio che facciano il terzo polo, così il berlusconismo è destinato a essere mandato in soffitta». La speranza coltivata in terra democrat è che, sia pare con l'attuale legge elettorale, la scesa in campo di un terzo polo non effimero ma a due cifre («potrebbero anche arrivare al 15 per cento», azzarda Sergio D'Antoni che di terzi poli caduchi ne tentò qualcuno) potrebbe consegnare la vittoria elettorale al Pd per "sottrazione" di consensi, «basta che i terzopolisti prendano più voti al centrodestra che a noi ed è fatta», si fregano le mani al Nazareno sede del Pd. Sicché, nonostante dirigenti come Piero Fassino e altri sognino alleanze «da Vendola a Casini», l'ipotesi più probabile e sensata è che alla fine il "nuovo Ulivo" ventilato da Cacciari si riduca a Pd, Idv, Sel e forse i radicali. Punto. E Veltroni, cui Vendola fa gli occhi dolci, potrebbe e dovrebbe dare corpo a questa coalizione, né Unione né Ulivo, di fatto simile a quella di due anni e mezzo fa. Nicki a parte.
«Noi dobbiamo puntare a confermare i voti del 2008 e aggiungerne un po' che stavano altrove, come quelli di Vendola», spiega Beppe Fioroni, sempre più teso a rinverdire il Pd veltroniano di cui era convinto supporter. Non è un caso che sul "manifesto" veltroniano consegnato al Corriere, tutti gli uomini di Fioroni si siano dichiarati a favore eccetto Dario Franceschini.
«Le nostre linee sono di fatto sovrapponibili» chiosa la macchina organizzativa dei popolari. Il quale Fioroni vorrebbe un governo di responsabilità nazionale, limitato nel tempo e negli obiettivi, e non per fare la legge elettorale, «siamo seri - sentenzia - non è che possiamo mettere insieme tutti gli sconfitti e per di più per varare una legge elettorale per far perdere i vincitori, mi pare troppo».
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