
Ridateci la Dc, aridategli la Dc! Ai tempi della nouvelle vague parlamentare del Partito radicale, primi anni ottanta, l´onorevole Massimo Teodori teneva incorniciata nel suo minuscolo studio a Montecitorio la prima pagina di un quotidiano, il Giornale nuovo di Montanelli, il cui titolo di apertura diceva più o meno che lui, Teodori, era riuscito a mettere sotto, fino a fargli perdere le staffe, quel Moloch di imperturbabilità papalina che era Andreotti.
Bene, a distanza di un quarto di secolo Teodori tributa, e non solo in forma di rimpianto, il più ragionevole riconoscimento di laicità che potesse meritarsi la classe di governo democristiana: «Il partito dell´unità politica dei cattolici, per quanto semi-confessionale, svolse nella prima Repubblica una funzione di mediazione con la Chiesa». Con gli occhi a un presente che vede l´intera politica in uno stato di obiettiva inferiorità rispetto alle pressioni dei vescovi e della Santa Sede, scrive un antico avversario come Teodori che «gli esponenti dc erano stati sì abbastanza fedeli alle direttive d´Oltretevere, ma nel contempo avevano saputo prendere le distanze dall´ortodossia vaticana ed ecclesiale grazie a una solida struttura politica conseguente al potere esercitato sul territorio nazionale».
Questo si legge, insieme all´elogio di De Gasperi, Moro, Vanoni, Mortati e Andreatta, in «Contro i clericali», sottotitolo «Dal divorzio al testamento biologico, la grande sfida dei laici» (Longanesi, 259 pagine, 16 euro). Ricostruzione storica fredda e documentata, ma che per via del vissuto dell´autore finisce per suonare sentimentale. Un arco di quarant´anni, più o meno, disseminato di eventi decisivi e occasioni mancate: la stagione di Pannella, oggi ridottosi al rango di «caudillo capriccioso», le illusioni terzaforziste, i governi a guida laica, lo stesso Craxi, forse addirittura la «rivoluzione liberale» di Berlusconi. Dibattiti culturali e minacce penitenziali, leggi, beghe, enigmi, piccole perle dimenticate tipo il monumento dei «figli giusti ai genitori uniti» fatto erigere da Fanfani prima del referendum sul divorzio, come pure gioiosi frammenti autobiografici.
Rimarchevoli per malizia le pagine in cui Teodori mette sulla griglia del suo barbeque documentario le giravolte di tanti convertiti e atei devoti, il cui tortuoso percorso viene impietosamente descritto come quello di spiantati e/o furbastri. Ecco dunque il cinguettio anticlericale del proto-Pera e il pensoso laicismo risorgimentale del giovane e promettente Quagliariello, fino a certe truculente rivendicazioni abortofile della futura portavoce del Family day Eugenia Roccella; mentre il diavolone neo-tradizionalista è Giuliano Ferrara, intellettualmente temuto e insieme rispettato.
In questo libro astioso e insieme cavalleresco, due grandi periodi segnano con opposti esiti la vicenda del conflitto tra laici o «laicisti» - Teodori sostanzia e rivendica il termine - e clericali, questi ultimi di vecchio e post-moderno conio. La prima fase va dalla conquista della legge sul divorzio (1970) fino alla trionfale vittoria referendaria (68 per cento!) sull´aborto nel 1981. Il secondo periodo, fattosi incandescente a partire dal crollo della Dc, inizia nel 1992-93 e dura ancora oggi, divampando sopra una quantità impressionante di controversie che non di rado trovano sfogo in norme spesso raffazzonate: radici cristiane, revisione della 194, statuto dell´embrione, fecondazione assistita, Ru486, unioni civili, biotestamento.
Tra le due stagioni che distinguono l´una il successo delle battaglie laiche e l´altra la rivincita clericale c´è purtroppo nella ricostruzione un buco che coincide con gli anni ottanta, nei quali forse matura il paradossale ribaltamento: per cui il potere dc faceva bene ai diritti civili, mentre il cripto-clericalismo di Berlusconi fa oggi potente la Chiesa, e anche prepotentella. Alla fine la nostalgia di Teodori arriva a lambire anche il Concilio e allora, senza farla troppo impegnativa, viene quasi da pensare che le vie dello spirito sono infinite, oltre che davvero imprevedibili.
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