
23/11/10
Il sole 24 ore
Festeggiare, ma fino a che punto? I vent'anni dell'Antitrust italiano (la prima legge della concorrenza, la "287", data 1990) sono un compleanno importante, e arrivano nel momento in cui il presidente dell'autorità garante della concorrenza, Antonio Catricalà, ha appena lasciato la sua guida per prendere quella dell'authority sull'Energia. Una coincidenza. Che però cade in un contesto politico tra i più difficili. La nomina del timoniere dell'Agcm è di competenza mista tra il presidente del Senato, Renato Schifani, e quello della Camera Gianfranco Fini.
Salvo colpi di scena, un concerto oggi improbabile. Sicché, all'appuntamento per i vent'anni che venerdì prossimo la Fondazione Einaudi ha preparato a Roma con il convegno dedicato alle «Ragioni della concorrenza», l'eccezionale orchestra di giuristi ed economisti suonerà senza il primo violino. Il che, in fondo, potrebbe anche contribuire a insaporire il confronto. L'Antitrust italiano è giovane. Fin troppo. La madre di tutte le leggi pro-concorrenza è lo Sherman Act che l'America approvò un secolo prima della "287", nel 1890.
Nella Costituzione del 1948 il liberale Luigi Einaudi uscì sconfitto. Un suo allievo, Ernesto Rossi (con lui i famosi convegni del Mondo), liberale di sinistra e tra i fondatori del Partito radicale, non ebbe ugualmente fortuna negli anni 50. La reazione contro i monopoli privati sfociò nella creazione di quelli pubblici. Lo Statuto dei lavoratori è del 1970, due decadi prima della "287". Solo nel 1978 la Confindustria di Guido Carli, insieme ad Assonime, lancia lo Statuto dell'impresa in cui si propongono norme antitrust sulla falsariga di quelle europee inserite nel 1957 nel Trattato di Roma. Avesse avuto trenta o quarant'anni, l'Antitrust italiano, sarebbe stato meglio per l'Italia, non a caso storicamente a corto di cultura del mercato. Ricorda giustamente Alberto Pera, primo segretario generale dell'Agcm dal 1990 a) 2000 e tra i padri fondatori della "2,87" (assieme a Guido Rossi, Mario Monti, Franco Romani, Sabino Cassese, Tommaso Padoa-Schioppa), che ancora a metà anni 80 la percezione dell'antitrust era limitata a pochi. E che solo un "accidente", cioè lo sbarco nel 1986 di un liberale, Valerio Zanone, alla guida del ministero dell'Industria, avrebbe consentito di fischiare l'inizio della partita. Dopo Zanone, il repubblicano Adolfo Battaglia, già protagonista delle battaglie antimonopoliste del Mondo, che portò il progetto di legge del governo al Senato nel 1988 e da qui alla Camera per l'approvazione finale (all'unanimità, al termine di un gran dibattito) nell'ottobre 1990.
Magari con «un po' di giacobinismo illuminato», come avrebbe detto dieci anni dopo uno dei presidenti dell'Antitrust, Giuliano Amato. Molto ha fatto, l'Antitrust italiano, per tutelare (e sollecitare) la concorrenza e difendere i consumatori. L'elenco dei meriti operativi della "287" sarebbe lungo. Ma non fino al punto di far celebrare una festa per i vent'anni con solo applausi. Aun "ruvido confronto con la realtà" richiama un saggio a firma di Lorenzo Stecchetti e Giulio Amaretti che comparirà sul numero di dicembre di Mercato concorrenza regole, la rivista del Mulino diretta da Giuliano Amato. Oggetto, la sentenza della Corte costituzionale dell'agosto scorso (approvata, risulta, all'unanimità; relatore il giudice Giuseppe Tesauro, altro ex presidente dell'Agcm) sul decreto Alitalia che ha sospeso i poteri antitrust per le concentrazioni fra imprese erogatrici di servizi pubblici. Vent'anni, sì, ma di ritorno indietro, visi spiega.
Altro che ormai compiuta "costituzionalizzazione" della concorrenza grazie alla "287" per dare attuazione all'articolo 41(a proposito: che fine ha fatto la sua riforma prospettata dal governo?). Niente, il giocattolo si è rotto al primo vero attacco. Tornano a prevalere, come certificato dal giudice delle leggi, gli interessi pubblici generali diversi dall'obbiettivo di garantire la competizione sul mercato. Si accredita la cedevolezza tendenziale del diritto antitrust, le vittime sono i consumatori, i concorrenti, la stessa Agcm.
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