
09/02/11
Avvenire
Per me il 9 febbraio sarà la «giornata del silenzio». Rispondeva così, qualche giorno fa, Beppino Englaro a una lettera-invito di Fulvio De Nigris, che gli chiedeva di unirsi alle iniziative indette per la giornata di oggi. Di silenzio, però, non s’è vista l’ombra in questo secondo 9 febbraio senza Eluana. A cominciare dall’intervista rilasciata domenica al Corriere dallo stesso Beppino, in cui sono state accusate di "violenza" addirittura le Suore misericordine di Lecco, che di sua figlia si sono occupate per 15 anni. Per poi passare ai commenti e alle polemiche sciorinati su alcuni giornali, senza rispetto per le famiglie dei malati che lottano per la vita.
Ecco, allora, il botta e risposta comparso ieri sul quotidiano riconducibile al Partito democratico Europa, in cui il condirettore Federico Orlando asseconda la proposta di una lettrice che il 13 febbraio al Palasharp di Milano, nella manifestazione indetta contro Berlusconi, vorrebbe che tutti mostrassero una foto con il volto di Eluana perché - argomenta Orlando «possa rianimare, col suo ricordo, la lotta contro l’oscurantismo». E di lì un lungo ragionamento sul «governo delle escort» che non ha diritto a indire una giornata «per le vittime di morte cerebrale» (cosa c’entrano con gli stati vegetativi?). Sulla stessa linea l’intervento della parlamentare radicale (eletta nelle liste del Pd) Maria Antonietta Coscioni sull’Unità di ieri, che parla del 9 febbraio come di una «grande mistificazione del governo» e di «un vero atto di necrofilia». E pensare che proprio nel Pd pochi giorni fa era prevalsa una linea più cauta sul tema del fine vita, con Bersani che aveva rimandato le discussioni e ricordato come il partito sia accomunato da «un umanesimo forte». Impostazione non condivisa dall’area dei democratici che fa riferimento a Ignazio Marino, pronto a presentare - come ha ribadito proprio ieri - 1.500 emendamenti al ddl sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Marino, insieme al giurista Stefano Rodotà, al valdese Daniele Garrone e ad altri, sarà tra l’altro protagonista oggi del convegno organizzato a Roma dalla rivista Micromega e intitolato «Chi decide sul fine vita».
La scelta di istituire la Giornata degli stati vegetativi «è sbagliata, inopportuna» anche secondo Maurizio Mori, presidente della Consulta di bioetica, area radicale: «É come non voler riconoscere che ci sono persone che possono fare scelte diverse dal continuare a vivere in una condizione simile». Per non parlare dell’accorato «appello dei medici» (che poi sono solo quelli che fanno capo alla Cgil) per il diritto a non avere cure: tra i primi firmatari ci sono anche l’oncologo Umberto Veronesi e, guarda caso, sempre Ignazio Marino, stavolta nei panni di chirurgo. Per la campagna "no cure" è previsto anche uno spot: «Io non costringo, curo». O meglio, non curo.
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