
29/09/10
Europa
«Se uno promette la rinomina a un deputato o gli promette comunque uno stipendio, questa, volendo chiamare le cose con il loro nome, è corruzione, questa è un cosa da magistratura». Il segretario del Pd Bersani è netto nel commentare l'inchiesta di Repubblica secondo la quale nel 2008 due ex parlamentari leghisti (un senatore e un deputato transitati dalla Lega al gruppo misto) avrebbero garantito a emissari del Cavaliere la spallata a Prodi in cambio, non di una rielezione (impedita da Bossi), ma di un contratto a progetto con il gruppo del Pdl di Montecitorio per un reddito pari a quello di un parlamentare. I due, Albertino Gabana e Marco Pottino, confermano il contratto di consulenza ma negano la compravendita. Smentisce anche il gruppo del Pdl alla camera, che parla di «articolo destituito da ogni fondamento»: i due ex parlamentari «hanno un regolare contratto di collaborazione per una cifra netta molto inferiore a quella dei parlamentare e lavorano quotidianamente e duramente con particolare attenzione al radicamento del partito sul territorio».
Ma questa fase parossistica in cui si sono inseguiti e alimentati quasi quotidianamente i rumors sulle compravendite di parlamentari, ripropone tutto intero un interrogativo: esiste un modo che la possa prevenire, evitare e magari anche impedire? In questo senso risulta centrale la tracciabilità patrimoniale degli eletti, degli amministratori pubblici (quelli delle società o enti controllati dalle pubbliche amministrazioni e di nomina diretta da parte degli organi politici) e dei consulenti che viene certificata da una serie di leggi (su tutte la n. 442 del 1982 e la n. 296 del 2006). Questi soggetti devono rendere pubblica la propria situazione patrimoniale, le spese per campagna elettorale, i contributi, i finanziamenti. Resoconti pubblicati sui bollettini degli enti di appartenenza, l'accesso ai quali però non è sempre semplice, e in molti casi non è neppure garantito. Da questo punto di vista aiuta a fare un passo in più l'anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati di cui, in questi anni, si sono fatti promotori i Radicali in nome di una maggiore vicinanza fra eletti e cittadini.
L'anagrafe punta infatti a fare in modo che «il cittadino sia messo in grado di verificare e controllare che cosa fa l'eletto, sia sul piano "economico" sia sul piano della concreta attività politica», spiega Rita Bernardini, ex segretaria radicale eletta nelle liste Pd. La procedura prevede la pubblicazione sul web di ogni singola istituzione o ente - e cioè con il massimo della diffusione e dell'accessibilità - di tutte le informazioni sulle istituzioni ma anche di quelle sugli eletti (fino a cinque anni dopo la decadenza della carica elettiva), dei nominati, dei consulenti e dei collaboratori. Di loro si deve sapere on line quanto partecipano ai lavori e come votano e così anche la situazione patrimoniale, i finanziamenti eventuali, le spese per lo staff. In una logica di tracciabilità, trasparenza e controllo.
In questi due anni hanno deciso di adottarla alcune amministrazioni, fra cui la provincia di Roma. Grazie a un iniziativa di Bernardini, Roberto Giachetti e a Benedetto Della Vedova, l'ufficio di presidenza della camera ha di recente adottato una delibera che consente la pubblicazione sul sito di Montecitorio dell'anagrafe patrimoniale di quei deputati che lo autorizzino espressamente con una liberatoria. «Al momento 72 su 630», informa Bernardini. Una volta garantita la tracciabilità e la trasparenza anche sul web, rimane però sempre la possibilità che la situazione patrimoniale certificata non sia quella effettiva. Una responsabilità non da poco, perché implica false dichiarazioni. Anche qui servirebbe un controllo.
© 2010 Europa. Tutti i diritti riservati