
Sull´immigrazione è conflitto a destra. Il progetto di legge sul diritto di voto amministrativo presentato da deputati di maggioranza e opposizione, così come le convergenze sulla cittadinanza breve, provocano aspre polemiche tra Lega e Pdl da una parte e i finiani.
Un conflitto dirompente, perché investe un terreno saldamente presidiato dal Carroccio, che dall´ostilità verso gli immigrati trae una consistente rendita della paura che ne gonfia i vessilli, mentre i finiani, impegnati a costruire uno schieramento di stampo europeo non contaminato da derive populiste e xenofobe, guardano all´immigrazione come una questione che va governata attraverso progressivi processi di inclusione. Pena, come ha ribadito lo stesso Fini, «l´accendere mine» sulla strada della società italiana. Posizione condivisa, da tempo, dalla sinistra riformista, dal centro e da altri settori politici. A dimostrazione che sulle grandi questioni, che riguardano non solo il presente ma soprattutto il futuro del paese, un terreno d´incontro è possibile.
Per queste forze l´integrazione degli immigrati significa anche maggiore sicurezza e lealtà politica. Posizione che rovescia le logiche securitarie della Lega, che sull´equazione immigrazione-devianza, immigrazione-invasione delle culture altre, ha sin qui prosperato. Nonostante la politica dell´annuncio non abbia, sin qui, prodotto alcuna soluzione; limitandosi a sfornare, inefficaci, quanto pericolose perché divenute senso comune, ricette xenofobe: sfociate localmente in incredibili operazioni quali il "Bianco Natale" lombardo.
Sotto il tallone di ferro leghista si è imposto, così, un modello di integrazione nominalmente assimilazionista, ispirato dalla generica formula "gli immigrati rispettino le nostre leggi e tradizioni". Poco più che uno slogan, corredato da una raffica di divieti. Ne è risultato un assimilazionismo forzoso ma monco: l´assenza di cittadinizzazione lo rende poco appetibile agli immigrati, che dovrebbero rinunciare alle proprie identità, culturali, etniche e religiose, in cambio del nulla. Se in Francia, luogo per eccellenza dell´assimilazionismo, la rinuncia ai particolarismi identitari ha come oggetto di scambio politico la cittadinanza, in Italia la proposta assimilazionista in salsa padana assume il volto del comando senza contropartite.
Un modello, quello imposto dal Carroccio, essenzialmente disciplinare, fondato sullo sguardo di ordine pubblico. Formalmente assimilazionista, il modello disciplinare si regge sullo ius sanguinis che sbarra l´accesso alla cittadinanza allo straniero. Ideologicamente assimilazionista, il modello disciplinare funziona, di fatto, come un modello multiculturalista. Stigmatizzando gli immigrati come portatori di irriducibili differenze etniche e religiose, rinuncia a qualsiasi interazione con lo straniero che non sia funzionale all´economia, alimentando una separatezza che riproduce intoccabili ghetti identitari. Un modello, quello disciplinare, che non garantisce nemmeno la lealtà politica assicurata nei paesi che hanno adottato il modello multiculturalista da quanti ritengono conveniente il patto che lo sorregge. Questo assimilazionismo senza assimilazione, questo multiculturalismo negato e di fatto riprodotto nella sua versione, priva di vantaggi sistemici, dell´enclave identitaria rancorosa e ostile, rischia di provocare in futuro seri problemi. Dentro al magma oscurato della segregazione sociale crescono, infatti, più che stranieri, estranei. E tra estranei non si sviluppa solidarietà ma conflitto secondo la logica amico/nemico. La destra finiana, non certo quella berlusconiana ostaggio della golden share leghista e interessata a garantire, sempre e comunque, un clima politico che non disturbi il manovratore, lo ha compreso. Agendo di conseguenza e mostrando di saper coniugare un concetto di interesse nazionale all´altezza dei tempi.
Decidendo, insieme alla sinistra, di affrontare la questione a partire dal diritto di voto alle amministrative; facendo leva sul principio liberale che stabilisce il nesso tra tassazione e rappresentanza in un paese che pure fa votare anche chi non vi risiede da lungo tempo e paga imposte e tasse altrove, e dall´accesso alla cittadinanza. Scommettendo su un modello di integrazione politica fondato sull´idea che la coesione sociale possa essere meglio garantita dalla consuetudine alle regole del gioco e dall´accesso al civismo, piuttosto che dalle richieste di riconoscimento delle specifiche identità nella sfera pubblica o dalla loro negazione a priori.
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