
05/11/09
Tempi (Il Giornale)
Mentre in parlamento venti deputati del Pdl capitanati da Gianfranco Fini hanno chiesto un supplemento di riflessione sul tema del testamento biologico, seguiti da parte dell`opposizione che concorda nel bloccare la legge già licenziata al Senato (ddl Calabrò), a livello comunale gli stessi schieramenti politici prendono decisioni di segno opposto. Sono già sedici, infatti, i Comuni italiani che hanno istituito per i residenti un registro di testamenti biologici, affiancato a quelli ordinari di nascita e morte. Tra questi Firenze, Pisa, Genova e alcuni municipi di Roma. Se a livello nazionale si invoca prudenza rispetto alla legge per non interferire in un rapporto intimo e delicato come quello tra medico, paziente e famiglia, a livello locale tutti questi scrupoli cadono. «Evidentemente l`obiettivo non è quello di arrivare ad una norma che tenga conto davvero del bene del cittadino e del rispetto per la sua vita. Se così fosse non avremmo assistito ad un atto tanto grossolano e giuridicamente irrilevante, quindi irresponsabile», spiega a Tempi Paolo Foschini, vicepresidente pidiellino del consiglio comunale di Bologna. Nel capoluogo emiliano l`iniziativa partita dalla Rete Laica vicina all`associazione Luca Coscioni, è stata respinta dal Comune. La battaglia è stata poi ripresa dal Pd, con l`intento di riguadagnare voti a sinistra dopo l`indigesta elezione a sindaco del piddino cattolico Flavio Delbono. E mentre i cattolici di sinistra sono rimasti in silenzio, anche il Pdl si è spaccato, come avvenuto a livello nazionale, facendo sorgere dubbi sulle reali intenzioni dei "finiani", rappresentati a livello locale dal capogruppo Pdl Felice Carraciolo. Qui, anziché invocare il dialogo, si gioca la partita con un`altra tattica. Come ricorda Foschini, «per far pressione sul Parlamento hanno sposato strumentalmente la causa del Pd». E se la famosa lettera invocava l`esistenza di una zona privata del paziente da proteggere e di «una soft law, che ribadisca con chiarezza il no all`eutanasia», ad oggi tutti i registri istituiti, non contemplano alcun ruolo per la figura del medico né pongono alcun argine a possibili derive eutanasiche. Quel che più lascia interdetti, tuttavia, è che lo strumento di pressione scelto è oggettivamente improprio. Ad ammetterlo è anche il noto costituzionalista di centrosinistra Augusto Barbera, che mette in guardia dal pericolo che corrono «coloro che si dovrebbero tutelare: i cittadini. Così si creano false aspettative. Uno va dal notaio, sottoscrive un atto senza rilevanza giuridica (legiferare in merito a materia civile solo al Parlamento), va in Comune a registrare il testamento e pensa che sia tutto a posto quando invece non lo è affatto. Mi stupirebbe se un notaio accettasse di sottoscrivere un documento simile». Uno strumento così pensato, riflette ancora Barbera, sembra complicare le cose: «Supponiamo che io registri il testamento nel mio paese e che sia rilevante. Se finissi ricoverato in un ospedale di un`altra città cosa succederebbe? Il medico si dovrebbe mettere a telefonare ai Comuni per capire se esiste un atto di questo tipo? Mi sembra infattibile». Per Foschini si tratta di un provvedimento non solo discutibile, ma addirittura «paragonabile a una dichiarazione di guerra di un Comune a quello accanto». Senza contare il danno erariale: il Comune si troverebbe a dover pagare personale, impiegando denaro, dotazioni e risorse, il tutto per un servizio inutile. Le contraddizioni sono così palesi che pensare che i consiglieri agiscano in buona fede significa tacciarli di grave ignoranza. Più facile credere a un disegno politico ben preciso, della cui illegittimità celata si ha ben coscienza. Un piano pensato per sostituirsi ai lavori dal Parlamento non tanto perché si arrivi a una più effettiva tutela della vita, bensì all`assenza di regole. A confermare le dubbie intenzioni sono i veri ideatori della campagna lanciata in tutto il paese e controllata attraverso una mappa delle iniziative in corso in altri quarantatré Comuni. Approfittando dello stop alla Camera del ddl Calabrò, l`associazione Luca Coscioni ha invitato i singoli consiglieri comunali e cittadini a indire referendum o raccogliere firme per istituire il registro. Una strategia collaudata Sul sito dell`associazione (www.lucacoscioni.it) si ritrova infatti, senza troppi imbarazzi, il motto di quello che è il più classico metodo radicale per questo tipo di campagne: "Il Testamento biologico nel tuo Comune". Il primo obiettivo è quello di creare volutamente casi isolati di incerta costituzionalità, in modo che, tramite sentenza, la magistratura sia costretta a pronunciarsi auspicabilmente, ed evidentemente con buone probabilità, «con un atto - si legge che potrà servire anche ad impugnare l`eventuale nuova legge davanti alla Corte Costituzionale». Nello stesso tempo, «si manda un messaggio molto chiaro ai parlamentari che lavorano per l`abrogazione di questo diritto». Lotta politica fatta dal basso, espressione della volontà popolare contro i politicanti, fanno intendere i radicali. Qualche dubbio, però, trova ragione nell`implacabilità dei numeri. Le firme raccolte nelle varie città non sono mai salite al di sopra dello 0,1 per cento sul totale dei cittadini. Dove un registro esiste, inoltre, i testamenti sottoscritti sono pochissimi. A Pisa (88 mila residenti) i "testamenti" depositati sono circa cinquanta; a Lecco (45 mila residenti) trenta; a San Giuliano Terme (più di 31 mila abitanti) ad oggi una sola persona si è presentata allo sportello predisposto dal Comune. E mentre a Bologna da palazzo d`Accursio arriva l`alt al registro per impedimenti formali, Fulvio de Nigris, che dal 1998 ospita nella "Casa dei risvegli" duecento persone all`anno in stato comatoso, sostiene che «i cittadini hanno bisogno di un registro sì, ma non questo. Serve una mappa di tutte le persone che sono in coma e dello stato delle loro famiglie per capire come rispondere al bisogno. Mentre questa corsa ai registri a mio parere nasconde la paura della morte e del dolore, che si riflette nel tentativo di evitare di guardare a chi è in coma. Così, anziché impegnarsi per aiutare i malati, la società si impegna per dimenticarli. Rispetto pure le ansie di fronte al problema della vita, ma lo Stato non dovrebbe aiutare chi le alimenta, se mai chi è capace di affrontarle».
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