
Le definiscono "celle frigorifere" utilizzando un gioco di parole quanto mai esaustivo per descrivere appieno la situazione in cui si trovano a vivere da reclusi a Santa Maria Maggiore. A firmare la lettera indirizzata al nostro giornale è Bruno Loprete, portavoce del malessere e della rabbia degli altri "colleghi" che in questo periodo dell'anno vedono aggravarsi le condizioni di vita, già precarie e al limite della tollerabilità per il cronico sovraffollamento denunciato in tutte le sedi, a causa del mal funzionamento dell'impianto di riscaldamento.
«Ci viene in mente il termine "al fresco" - scrive Loprete - e ci farebbe persino sorridere se non fossimo troppo impegnati a imbacuccarci e a battere i denti. Abbiamo in forma pacifica fatto più volte presente il nostro disagio e in risposta solo e sempre alzate di spalle e un .'non dipende da me", "non ci sono i soldi". Ma chi come noi si sfoga - non ha santi in paradiso e non può permettersi sfilze di testimoni, processi brevi, processi lunghi, prescrizioni brevi... non viene neanche ascoltato».
Una missiva che prende spunto da quella inviata alcuni giorni fa sempre alla nostra redazione dalle carcerate della Giudecca: stessi toni, stessa esasperazione, stessa indignazione, stessi argomenti.
«Siamo nelle stesse identiche condizioni» incalza Loprete, il quale comprende «l'anonimato delle ragazze per evitare delle "ripercussioni"».
Un cahier de doleances rabbioso quello vergato dalle ospiti del casa circondariale femminile: bagni senza finestre, una doccia funzionante su quattro, due lavandini su due che sono inutilizzabili, mentre altri due hanno lo scarico su altrettanti secchi che vanno svuotati almeno 12-13 volte al giorno; nel mirino anche l'igiene della cucina e la qualità del cibo utilizzato e la pulizia delle stoviglie; e poi l'affondo sul riscaldamento che «rimane spento tutto il giorno e credetemi in questi stanzoni la cui struttura risale al 1200 che per metà è già inagibile e a rischio di crollo, vi lascio immaginare il gelo, anche quello del cuore» viene sottolineato.
Interpellata al riguardo la direttrice della struttura, Gabriella Straffi, aveva ridmensionato la portata delle accuse adducendo le disfunzioni ai lavori di restauro e ammodernamento in atto, fra cui la sostituzione di diverse tubature che ha comportato la chiusura dell'impianto per far uscire l'aria dai radiatori.
Rispetto a queste motivazioni, Loprete è piuttosto scettico e continua: «Anche qui (ndr. a Santa Maria Maggiore) ci sono problemi di caldaie e di spurghi. Non prevedibili?». E nonostante tutto si dice fiducioso in un intervento, concludendo amaro: «Basterebbero tre ore, dalle 12 alle 15 di riscaldamento. Ci sono persone anziane, con malattie croniche, e il freddo non è proprio l'ideale... Chiediamo di scontare le nostre pene senza dover essere torturati gratuitamente. Dal freddo, dalla burocrazia e dai burocrati».
In questo quadro desolante anche la beffa dei finanziamenti stanziati per i lavori di ristrutturazione, ora stornati per la realizzazione del carcere nuovo in terraferma «di cui si sono perse le tracce» come ricorda Franco Fois, di Radicali Italiani, che ha effettuato l'ultima visita ispettiva a Santa Maria Maggiore, con il senatore Marco Perduca, lo scorso maggio.
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