
22/03/11
Italia Oggi
Sono in caduta libera le quotazioni dell'uranio. Un paio di mesi fa i prezzi di questa materia prima avevano raggiunto i 73 dollari (51 euro) alla libbra, che equivale a circa 450 grammi. Nell'arco di poche settimane i corsi sono scesi a 50 dollari (35euro), con una flessione intorno al 30%. Gli osservatori ritengono che gli acquisti precedenti fossero dovuti alla scommessa sul futuro dell'energia nucleare e delle centrali, con i numerosi progetti di sviluppo abbracciati da diversi paesi.
Poi, in seguito al disastro giapponese, l'uranio è diventato un elemento scomodo. Il tracollo dei prezzi è dovuto anche al fatto che il mercato in contanti di questa materia prima è limitato a 10 mila tonnellate all'anno su una domanda complessiva di 65 mila tonnellate: perciò le conseguenze del dietrofront si sono fatte sentire immediatamente.
Per gli operatori professionali il livello è divenuto appropriato per remunerare gli investimenti indispensabili a preservare i loro approvvigionamenti. Di conseguenza, essi non si attendono nuove discese come avvenne negli anni 1990, quando si arrivò a 20 dollari. E sono in molti a ritenere che, una volta passata la grande paura legata al Giappone, la domanda di uranio tornerà a crescere. Basti pensare che i big del nucleare in Russia, Cina e Sud Corea hanno rilevato partecipazioni nelle imprese minerarie per evitare di rimanere a secco.
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