
25/03/11
L'Unità
Corrado Santantonio, assente. Antonio Domenici, assente. Aldo Fierro, assente. E così Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite, Rosita Caponetti, Giuseppe Fluato, Elvira Martelli e Domenico Pepe. Tranne due, l'agente di polizia penitenziaria Nicola Minichini («Doveroso esserci, non dobbiamo nasconderci») e il medico endocrinologo Stefania Corbi («Ci hanno dipinto come mostri, ma non è così. Io sono stata sommersa dalle lettere di solidarietà dei miei pazienti») la III Corte d'Assise di Roma ha dichiarato tutti contumaci gli altri imputati per il processo che si è aperto ieri per la morte di Stefano Cucchi, il 31 enne romano arrestato per droga il 15 ottobre di due anni fa e morto secondo l'accusa a causa delle mancate cure da parte del personale ospedaliero del reparto detentivo del Sandro Pertini dove il giovane era stato ricoverato per le gravi percosse subite da parte di tre guardie carcerarie quando si trovava nelle celle di sicurezza del tribunale di piazzale Clodio. L'aula bunker di Rebibbia, dove si celebra il dibattimento, era invece affollata di giornalisti e telecamere. E nel tentativo di oscurare la copertura televisiva delle udienze si sono battuti, invano, gli avvocati della difesa, che hanno chiesto alla Corte addirittura che il processo fosse celebrato a porte chiuse. «Questo è un caso che è stato pompato mediaticamente, con un'attenzione sbilanciata a favore di una soltanto delle parti coinvolte che ha sicuramente creato nell'opinione pubblica dei pregiudiziali convincimenti - ha dichiarato davanti ai giudici l'avvocato Corrado Oliviero, difensore dell'agente Santantonio - Ma qual è la rilevanza sociale di questo procedimento? Ci sono decine e decine di casi come quello di Stefano Cucchi. Chiedo sia ammessa soltanto Radio Radicale, perché essa si limita a registrare il dibattimento, senza commenti». Ad ascoltare le sue parole, seduti alle sue spalle, c'erano tra gli altri la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, e anche suo padre e sua madre, Giovanni e Rita. E negli occhi di Ilaria, lucidi come quelli di chi non smette ormai da troppo tempo di piangere, è balenato in quegli istanti un lampo di dolore misto a rabbia.
Ascoltate le istanze delle difese, la Corte ha ritenuto invece che il processo abbia una forte rilevanza sociale e ha autorizzato la presenza delle telecamere, fatto salvo il divieto di effettuare riprese degli imputati e dei testimoni che ne faranno richiesta. Ha commentato Giovanni Cucchi, il padre di Stefano: «Noi dobbiamo ringraziare la stampa. Una stampa libera esiste. Se non fossero state pubblicate le foto del cadavere martoriato di mio figlio la sua morte sarebbe stata archiviata come morte naturale». E sua moglie Rita: «Adesso la voce di Stefano siamo noi, a lui gliel'hanno tolta. Gliel'hanno tolta dall'inizio, da quando gli hanno negato l'avvocato di fiducia e poi impedendoci di potere avere con lui un colloquio. Perché nessuno doveva sapere quello che era capitato a mio figlio. Ma finché avrò vita combatterò».
Ieri, nonostante le eccezioni delle difese, la Corte d'assise ha ammesso pure la costituzione di parte civile del Tribunale del Malato e confermata quella già decisa in sede di udienza preliminare del Comune di Roma. Prossima udienza il 28 aprile, con le prime testimonianze (150 in tutto i testi che sfileranno in aula) : quelle dei carabinieri che arrestarono Cucchi per il possesso di alcune dosi di hashish. Per quella data la Corte dovrà aver deciso anche in merito all'istanza presentata da uno degli avvocati degli imputati, relativa all'effettuazione di un sopralluogo nella cella dove Cucchi sarebbe stato picchiato. I pm, Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, hanno invece chiesto di poter produrre gli atti dell'inchiesta compiuta dalla Commissione parlamentare presieduta dal senatore Ignazio Marino e quelli dell'inchiesta svolta dell'Amministrazione penitenziaria.
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