
Manca meno di una settimana allo «sciopero degli immigrati». Che, poi, sciopero non è, almeno
in senso classico. Per la giornata del primo gli aderenti porteranno un nastro giallo e si asterranno dall`acquisto, dal consumo e dal lavoro, sono state inoltre organizzate manifestazioni a Roma a Milano e in molte altre città. Tante in queste settimane sono state le adesioni a questa iniziativa che prende spunto dal primo sciopero nel 2008 dei sans-papier in Francia. Lì, l`impatto
che ebbe l`iniziativa fu tanto forte da portare alla regolarizzazione di gran parte degli scioperanti. Quest`anno, la mobilitazione in Francia sarà contemporanea a quella in molti paesi europei. E in Italia, quali saranno le conseguenze? Il primo obiettivo, in apparenza il più modesto,
è in realtà quello più importante, che corrisponde esattamente a quella presa di coscienza da cui tutto è partito. Ovvero l`idea che gli immigrati svolgono nel nostro paese un ruolo fondamentale, quasi sempre ignorato, spesso deformato, comunque largamente sottovalutato. E un ruolo, tra l`altro, di natura economica: gli immigrati producono quasi il 10% del Pile contribuiscono
ad alcuni settori significativi della nostra economia: dall`edilizia alla siderurgia,dall`agroalimentare all`allevamento alla ristorazione. Poi, c`è il grande comparto del lavoro di cura: un vero e proprio esercito di baby sitter e badanti, che svolgono una funzione essenziale nel sistema di welfare. In altri termini, il 7% della popolazione nazionale è composto da stranieri: anonimi e invisibili,
misconosciuti e, spesso, utilizzati come esorcismo delle nostre ansie. Se il primo marzo, quella folla indistinta assumerà un volto e un nome, questo giorno sarà da ricordare.
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