
La richiesta del Papa alle Conferenze episcopali di definire al più presto un regolamento antipedofilia compatibile con le legislazioni nazionali - da ultimare entro il 12 maggio del prossimo anno - unito al clamoroso arresto di don Riccardo Seppia che adescava ragazzini con problemi per abusare di loro con maggiore facilità, è destinata ad aprire una profonda riflessione nella Chiesa italiana. 1250 vescovi (da oggi fino a venerdì) in Vaticano per l'assemblea annuale affronteranno la maxi questione nel dibattito interno anche se ufficialmente - all'ordine del giorno - il tema pedofilia non figura, Ci penserà però il cardinale Bagnasco ad introdurre l'argomento visto che un ampio spazio della sua relazione l'ha riservato alle direttive emanate da Benedetto XVI. Individuare una strategia unitaria non si annuncia un compito facile anche perché nell'episcopato si scontrano due approcci, uno orientato alla massima trasparenza l'altro più protettivo del sistema. Tutti però si rendono conto che non si può più indugiare per non intaccare la fiducia che gli italiani ripongono nella Chiesa. Persino le firme dell'8 per mille potrebbero risentirne.
Il dibattito orienterà i lavori di una commissione più ristretta con il compito di redigere le linee guida per l'Italia. Il nodo resta se, come e quando collaborare con gli inquirenti. Finora la Cei rispetto ad altre conferenze episcopali - tedesca, francese, inglese, irlandese o americana e persino filippina - non ha di certo brillato per trasparenza forse in assenza di una linea di condotta a livello nazionale. Se in una diocesi accade un fatto delittuoso, il vescovo richiede all'ex Sant'Uffizio l'apertura di una indagine canonica ma non sempre dà comunicazioni alla Cei. Non essendoci monitoraggio nazionale non si conosce il numero preciso di preti coinvolti e rimossi, di quelli ridotti a stato laicale. Altre conferenze episcopali i dati li hanno pubblicati sul sito ufficiale. In Italia procedimenti canonici nell'ultimo decennio sarebbero «un centinaio» ma non si riesce a sapere se i preti sono stati giudicati colpevoli, se sono in circolazione, se operano in altre strutture, se sono stati denunciati alla magistratura. La confusione resta tanta e i numeri che non coincidono. Se per la Cei sono circa cento, per l'associazione Meter di don Di Noto sono solo una ottantina mentre per una associazione di vittime chiamata La Colpa, almeno 140 senza contare il sommerso di chi per vergogna non ha mai detto nulla. Sabato scorso, assieme ai Radicali, un gruppetto di vittime ha manifestato a Montecitorio chiedendo la realizzazione di un data-base per documentare gli abusi e modificare i termini di prescrizione. Il deputato Maurizio Turco chiede una commissione di inchiesta indipendente «che possa accedere agli archivi segreti delle curie».
L'argomento pedofilia è fonte di dibattito anche nella Chiesa. Dall'Olanda padre Herman Spronck (capo dei salesiani olandesi) si sta attirando critiche a tutto spiano perché ha affermato «di non condannare a priori le relazioni tra adulti e bambini». Sul sito «Messa in latino» ha spiegato di non aver mai espulso dall'ordine padre Van B., militante di un'associazione che propugna la liberalizzazione della pedofilia e la depenalizzazione dei rapporti sessuali con minorenni, perché «non sempre queste relazioni sono dannose».
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